Atto quinto 111 Bulànov (le bacia la mano con disinvoltura) Perdonami. GURM. Perdono, amico mio, perdono. In generale io sono molto condiscendente, questo è il mio difetto. Ma tu devi sempre rispettare la delicatezza di una donna, il suo sentimento di pudore. Bulànov. Si capisce, io sono ancora un ragazzo. Non c’è che dire! Ma il tuo amore, la tua esperienza mi aiuteranno. Avrei bisogno soltanto di piantarmi più solidamente; vedrai, come mi comporterò, comanderò tutto il distretto. E quanto ai tuoi interessi, Raìssa, credi pure... Gurm. Credo, credo, mio caro. Va a dire che mi chiamino Aksjùscia. Bulànov. Si, bisogna pensare a questa ragazza. Gurm. Che c’è da pensare a lei! E specialmente tu, amico mio, Questo non ti riguarda affatto. Adesso tu devi completamente dimenticarla. È scappata di notte di casa, bisogna disfarsene. Bulànov. È stata dal fratello, Ghennadij Demianiò, egli le ha declamato tutta la notte dei monologhi. GURM. Come lo sai? Guardami negli occhi! guarda! BULÀNOV. Li ho visti passando accanto al pergolato. Gurm. Ti credo. Ma tuttavia essa non può rimanere qui. Bulànov (con un sorriso). Tu cominci a prendere delle misure di precauzione. GURM. Non è superfluo, amico mio; tu sei ancora tanto giovane, che non puoi rispondere di te: e anch’io non posso completamente fidarmi di te.