Atto quarto 97 suo padre non glielo permette. Occorre una dote ed io non la ho. Sfortunato. Che sciocchezza ! La felicità è più cara del denaro. AKSJÙSCIA. Per me non c’ è felicità senza denaro. Sfortunato. E occorre molto denaro ? AKSJÙSCIA. Due mila rubli. Sfortunato. Che sciocchezze! È mai possibile che Raìssa Pàvlovna rifiuti di darti una tale piccolezza? AKSJÙSCIA. Rifiuterà. Mi tengono per carità, mi nutrono per carità; posso io osare di chiedere ancora la dote! Una crosta di pane mi daranno, ma del denaro, no. Sfortunato. E da una somma così insignificante dipende la felicità di una fanciulla, la felicità d’una giovane anima... AKSJÙSCIA. No, non la felicità, ma la vita. Sfortunato. La vita? Forze celesti! Hai detto così? AKSJÙSCIA. Così, fratello mio. Sfortunato. Finalmente, Signore! È mai possibile, io vedo dunque una donna? E il tuo amore non è un semplice capriccio? E tu sei pronta a qualsiasi sacrificio? AKSJÙSCIA. Ho fatto tanti sacrifici per questo amore; e la mia vita è tanto amara, tanto amara, che non vale la pena di rimpiangerla. Sfortunato. E non hai paura? AKSJÙSCIA. Senza paura, anche subito... Sfortunato (stende sopra di lei le mani). Angeli 7