sono soltanto elementi pittoreschi ed inerti, ma testimonianze formidabili, ma documenti pieni di bellezza e di verità, d’una verità assai più salda e più limpida, talvolta, di quella delle cronache storiche che la ragion di parte o la ragion politica hanno potuto anche alterare o falsificare. Si può anche sorridere dell’archeologia e della storia dell’arte : ma questo sorriso nasce o da ignoranza o da malafede. Noi vediamo infatti grandi nazioni, nel mondo, ricercare affannosamente le vestigia dei secoli trascorsi, ricondurle alla luce, interrogarle quasi con ansia, custodirle gelosamente, gelosamente difenderle. Cosa vuol dir tutto questo? Tutto questo vuol dire che quelle vestigia costituiscono i titoli nobiliari dei popoli, gli indici del loro cammino attraverso i tempi, la misura della loro potenza creatrice, civilizzatrice, pacificatrice. Esse fiancheggiano le grandi vie del mondo, ove passa il flusso e il riflusso dei millenni, e quanto più son frequenti, e superbe, e perfette tanto più grandi indicano la potenza di espansione e il diritto di dominio della razza a cui appartengono, e la sua maestà. Così è per noi. Volgiamo gli occhi in giro nel grande bacino del Mediterraneo. Le rive del mare e le isole son cariche d’arene, di colonnati, di tombe, d’archi trionfali col nome di Roma profondamente inciso sulle dure pietre. S’alzano a ricordarci, queste rovine, quale architettura di ricchezza e di forza avevano composto i nostri avi gloriosi. Ed ecco che la fatalità storica della nostra stirpe, quella fatalità storica che è una delle più inesorabili leggi che governano la vecchia terra, ci riconduce ieri alle coste della Libia ed alle isole del ventoso Egeo, ci ricondurrà domani agli approdi favolosi di quell’Asia Minore a cui s’ormeggiarono le flotte rostrate di Scipione, e le galere delle Repubbliche marinare. Ma la Dalmazia è già fuori di questa legge ('), rientrando essa in (1) Il fatto che in Dalmazia la maggioranza della popolazione sia attualmente slava, dopo le invasioni croate del VI e del VII secolo e la violenta opera di snazionalizzazione compiuta dall’Austria da] trattato di Campoformio ai giorni nostri, non può permetterci di considerare questa terra alla stessa stregua delle tetre levantine già appartenenti alla Repubblica di Venezia. Gli autoctoni della Dalmazia sono italiani. Ad essi, quindi, per diritto appartiene la regione: ed essi l’hanno conservata al diritto d’Italia. Nè si possono confrontare i segni della civiltà italica della Dalmazia, coi segni della civiltà italica esistenti a Candia, a Rodi, nella Morea, a Corfù. Anzitutto in questi luoghi si tratta di pochi edifici, per lo più fortezze e dogame. In Dalmazia tutti gli edifici 14