Ma a che valgono queste minute e tecniche dimostrazioni quando un più semplice sguardo alle coste dell’Adriatico basta a provare che la stessa configurazione geografica segna i nostri confini ed abbraccia uno stesso popolo? ; che la stirpe italica non giunge soltanto all’Arsia ed a Fiume, ma lungo le Alpi Giulie e Dinariche sino alla Narenta e Ragusa ed alle bocche di Cattaro? 1 Capella, il Velabit e le Alpi Dinariche segnano un chiaro confine geografico fra le coste che tengon dietro alle alpi Giulie ed al Carso, mentre le regioni della Croazia, della Bosnia e dell’Erzegovina per le valli della Culpa, dell’Unna, del Verbas scendono nella Sava per fondersi allo sbocco del piano Ungherese nel Danubio, la grande via maestra dei popoli balcanici. La Zermagna, la Cherca, la Cettina e persino la Narenta che con corsi più o meno brevi si addentrano nelle valli della Liburnia e della Dalmazia, non concedono facile il valico nelle regioni interne percorse da più catene parallele e longitudinali, attraverso le quali con faticoso cammino giunsero più volte sull’Adriatico quei popoli barbari che nella Dalmazia tentaron distruggere e soppiantare la civiltà latina 0). In questa morfologia geografica sta il segreto della italianità che, sino ad oggi, si è mantenuta nella Dalmazia. Genti numerose, venute a più riprese dall’Ungheria, dalla Croazia e dalla Bosnia, dai tempi antichi sino all’età moderna, hanno tentato di sopraffare la nazionalità dell’Istria e della Dalmazia. Ma i tentativi sono stati del tutto vani di fronte alla civiltà superiore delle città della costa che avevano già Sieglin. Lavori degni di considerazione ha varie volte pubblicati su tale argomento il Von Scala. Rimando alle discussioni che ne feci nei miei Studi Storici V (Pisa, 1912) p. 181 segg. Un esempio della confusione a cui può condurre Tesarne dei semplici nomi dei popoli, senza tener conto della mescolanza di stirpi è quello degli Iapodi. Essi erano i continuatori degli Iapigi di cui già parlava Ecateo ; ma negli ultimi secoli della repubblica romana, come ci insegna Strabone, erano stati trasformati per effetto dell’invasione dei Celti, i quali avevano invasa tutta la penisola Balcanica. Questioni di questa natura non sono state ancora del tutto studiate, sebbene sulla primitiva storia dell’Illirico si abbiano lavori egregi come quello dello ZlPPEL : Die roemische Herrschaft in Illyrien (Leipzig, 1877). H. CoNS : La province romaine de Dalmatie (Paris, 1882). Duole del resto constatare la scarsa partecipazione degli Italiani a studiare i problemi storici relativi all*Istria e alla Dalmazia mentre, a parte pregevoli lavori locali, è abbondante la produzione scientifica dei dotti stranieri, particolarmente degli austriaci, che con le memorie dell’età romane, tentano collegare le loro pretese politiche su terre che sono italiane. (1) Fra i molti pubblicati intorno alla morfologia geografica della Dalmazia, noto la bella trattazione di A. R. TONIOLO; La Dalmazia (Pieve di Soligo, 1914), 38