LL’APPROSSIMARSI della Dalmazia, appare, sotto il nembo della bora, l’antico covo degli Uscocchi, uccellacci da preda, che batteron le ali, ai primi del Seicento, intorno al teschio di Cristoforo Venier, coppa nel loro convito barbarico. Agli estremi lembi di Dalmazia scorre il fiume Narenta, che sboccò pirati e pirati a infestar l’Adriatico. Tra gli Uscocchi e i Narentani svolgesi la storia della Dalmazia, storia di sopraffazioni, d’invasioni, di piraterie, di martirio; ma il leone di San Marco volò a difenderla con gli unghioni levati su dall Evangelo. E solo quando il leone più non ruggì dai baluardi di Dalmazia, l’antica civiltà più non ebbe redenzione, nè la nuova rigoglio. Ovunque si cerchino, per le coste e per le isole dalmate, i segni della grandezza, del sapere, della virtù, risponde per l’antico : Roma ! ; echeggia per i nuovi tempi : Venezia, Italia ! Qual fato contrario ha disperso i voti che Giustiniano incideva sulla basilica maggiore di Salona, perchè Dio fosse propizio alla romana repubblica? e ha mutato in antri per le insidie contro l’Italia quelle rive che ripreser l’anima al passar delle galee trionfanti degli Orseolo, dei Dandolo, di Coriolano Cippico? Ma le insidie cadranno, perchè nulla può contro la primavera sempre rinascente della civiltà là dove questa approfondì le radici, nulla contro le fondamenta eterne della patria. Su queste fondamenta si ergono i monumenti dell’arte, si svolgono come rotuli eterni le opere che formano il documento irrevocabile, intangibile, dell’italianità della Dalmazia, la magna charta dove tutti si raccolgono, si fondono i voti de’ cuori, i desideri, le speranze, le forze, le idealità popolari. Nell’arte, ove prendon figura, colore, fuoco le idealità della patria, la Dalmazia si mosse con la madre Italia, che seguì, che accompagnò, superba di offrirle, insieme con tutte le regioni del bel paese, un serto di gloria. Se la Dalmazia non avesse 19