liano, sopra nuovi disegni. Giorgio Orsini ideò il grande ed augusto portico : ma i capitelli delle colonne sorreggenti gli archi son dovuti in gran parte a Michelozzo. Lo testimoniano la ricchezza delle fioriture a campana che ne formano la grazia fascinatirce e che ripetono quelle disegnate dall’artista a S. Eustorgio di Milano prima di partire per la fervente repubblica adriatica. E coi documenti della superba latinità ragusea ('), la visione della Daalmazia monumentale chiude il suo vasto ciclo. Lo suggella, con la sua bellezza e con le sue memorie, una visione della veneziana Perasto, affacciata sulle munite acque di Cattaro, e, in quest’ultima città, la fronte di San Trifone accanto alla quale abbiamo posto il bel baldacchino alzato su quattro colonne, con le sue tre cupole sovrapposte, l’arditezza delle colonnine semplici e attorte, e sull’architrave le storie sacre. Il ciclo cominciato con l’immagine del campanile romanico d’Arbe si conclude così, non senza significato, col baldacchino romanico di Cattaro. Ma tra i due termini la storia dell’arte dalmatica non si stende immobile ed uguale. Essa risale a tempi più profondi attingendo le originarie fonti nei secoli e si sviluppa fino a toccare le più alte cime del Rinascimento. E mostra nel suo cammino, sopra tutto, l’omogeneità, l’organicità, l’armonia, che sono essenziali nella manifestazione dell’italico genio. * * * Qual valore positivo può recare questa elementare dimostrazione dell’italianità artistica della Dalmazia, all’enunciazione del nostro diritto sull 'altra sponda? Il valore d’una forza immensa, noi rispondiamo subito, che nessuno può cercare di disconoscere o di respingere, senza tentar di violentare le divine leggi della civiltà, della morale, della missione storica delle nazioni. È ora di proclamare altamente, infatti, che le immobili pietre recanti i segni gloriosi del nostro passato, ovunque esse si trovino, non (I) Leggere per la latinità di Ragusa la documentata dimostrazione fatta da Attilio Tamàro in alcune tra le più belle pagine del suo volume : Italiani e Slavi nell’Adriatico. Edit. Athenaeum, Roma. 1916. 13