veneziani a Zara, a Traù, a Sebenico, a Ragusa; un orafo lombardo recò l’arca per le reliquie del patrono Sant Anastasio nel duomo di Spalato; partì Michelozzo, compagno di Donatello, da Sant’Eustorgio di Milano per ornare con le sue campane di frutta il palazzo del Rettore a Ragusa; arrivò dallo studio di Donatello, da Padova, Niccolò fiorentino anche per coronare l’opera di Giorgio nel duomo di Sebenico ; giunsero in Dalmazia sugli altari le pale dei Vivarini, dei Carpaccio, di Marco Marziale, di Tiziano. Tant’arte fluita in Dalmazia rifluì in Italia : è sangue che scorre dalle vene al cuore, ricircola per le arterie, e accende vita a un organismo forte, indistruttibile, unico. Le derelitte rive sono parte naturale di quest’organismo, collegate dalla breve onda di mare alla laguna veneta, alle spiagge di Ravenna, al porto d’Ancona, alle coste d’Abruzzo, al faro di Bari. La unità della compagine naturale è proclamata dalla stessa identica materia creativa dell’arte, dagli stessi battiti di vita, dai comuni impulsi civili, da fraterni aspetti chiariti di beltà, illuminati dal genio di nostra stirpe. Questo sentì, proclamando il nostro diritto storico, il grande italiano di Sebenico, Niccolò Tommaseo, la cui statua s’aderge, là sulla spiaggia del paese natio, monito, desiderio, augurio perenne. E solo quando sarà rinfoderata dalla Giustizia vittoriosa la spada, i mani del Grande avranno pace. Adolfo Venturi.