guono : l’arte in Dalmazia ha tutti i segni d’un’arte regionale intimamente legata all’arte madre. Non sono queste, che hanno tanta poderosa grazia e tanta austera freschezza, imitazioni o derivazioni di esemplari italici già sorti al di là dal mare breve. Sono invece, e tutto concorre a provarlo, i risultati di una naturale evoluzione dello spirito e delle forme prodotta dall’essenza latina dei luoghi e disciplinata dal ritmo regolare della civiltà in cammino e in trasformazione. I fenomeni che si verificavano nell’ Umbria, in Toscana e nelle Puglie specialmente dopo il XII secolo e la decadenza dello stile bizantino italico, avevano trovato un’atmosfera favorevole anche in Dalmazia. E quivi si svolgevano non col ritardo delle iniziative importate, ma col mirabile parallelismo degli sviluppi storici ('), dando all’arte dalmata quel profondo senso di originalità che ha il valore di una luminosa affermazione italica. Le isole dell’Arcipelago non furono escluse da questo fenomeno. Le cattedrali di Curzola e di Lesina, e in quest’ultima alcuni edifici privati, e quella serena Loggia del Sanmicheli che ci dà gli elementi per l’attribuzione migliore della minor sorella di Zara, rientrano nella sua influenza. E più vi son prese le opere d’architettura e di decorazione scultoria sorte a Spalato, a Ragusa, a Cattaro lontana. A Spalato sono specialmente forme romaniche che s’innestano a poderose sopravvivenze romane, e quando non s’innestano si sovrappongono. Nemmeno il Pantheon di Agrippa può darci un’idea di quanto è avvenuto nel Mausoleo di Diocleziano trasformato in Duomo cristiano. Entro la grande mole dell’antica tomba imperiale, ancora vivono intatte le alte colonne, le cornici, i fregi corsi da genietti festosi : e il mirabile ambone, e gli altari alcune volte troppo adorni non si son fusi ancora, dopo tanti secoli, alle circostanti linee. Essi sembrano arredi quivi posati momentaneamente. Non si turberebbe nessuna armonia se si cambiasse il loro posto, d’improvviso. Esempio d’un innesto, invece, è l’ingresso al tempio, cavato nella base possente del campanile trionfale. Saggiamente, qui, gli architetti romanici hanno tenuto presente quel lato del peristilio dioclezianeo al quale la costruzione nuova doveva appoggiarsi. E nello stabilire la (1) Confronta T. Sillani. Capisaldi, Edit. F.lli Treves, 1917. Il