62 A. BESOZZI - V. A. MARTINI banale avvenimento della più comune cronaca: questa notizia : La capitulation de l’Autriche - Communiqués offi-ciels italiens. E dire che il Times, che non peccava certamente di italofìlia, aveva riportato il giorno prima a grossi caratteri questo annuncio: Italy’s great victory - Austrian army destroyed. E anche questo è lapalissiano. L’episodio, che potrebbe da solo passare anche per trascurabile, faceva subodorare quell’atmosfera di ostilità appena ovattata dalle forme, d’invidie malcelate, di circospe-zioni loyolesche, che doveva troneggiare nella sala dorata di Versailles, in cui si perpetrò la più colossale e premeditata ingiustizia storica e civile. Chi si colpiva? Ruggisca il Leone di Zara, secondo il comandamento del Poeta! Che cosa mai poteva valere per gli Alleati e per quel-l’accigliato giudice supremo della pace il fatto che l’Italia aveva vinto la guerra europea? Tanto peggio per lei! Il signor Wilson non era mica tenuto a comprare un trattato della storia d’Italia, e impararlo. Sul tavolo del suo lavoro gli bastava tenere il magno libro di Salvemini sul problema dell’Adriatico. L’TALIA PREFASCISTA L’Italia ufficiale di allora era, salvo una piccola e combattuta minoranza nazionalista, un povero organismo in-