134 A. BESOZZI - V. A. MARTINI affari interni dello Stato, si piegò ad accettare l’esperi-mento, prevedendo nondimeno che il movimento croato sarebbe stato presto o tardi nuovamente sommerso dalla corrente radicale. E bisogna aggiungere che sulla vo-lontà del giovane Re influiva anche ed in misura assai rimarchevole la volontà di sua suocera la Regina Maria di Rumenia, la quale lo andava sempre persuadendo della necessità di mantenere una dinastia jugoslava. Davidovic, che era come abbiamo detto democratico di tendenze moderate, e jugoslavista, ma che svelò tutta-via il suo sentimento serbo, invece di accingersi fattivamente a cercare una risoluzione all’aspro conflitto, si adoperò con molto ingegno ad intrappolare Radic, il quale dal canto suo non decampava di un millimetro dalle sue originarie vedute assecondate all'unanimità dal suo popolo e simpatizzate dalle altre minoranze. Per muovere verso una soluzione egli domandava sempre le elezioni, cosa che il governo e il Re rifiutavano sistematicamente. Le vedute di Radic si identificavano nella necessità imprescindibile di costituire per i croati un proprio parlamento e un proprio governo con sede a Zagabria, comportando l’impegno di tutti i radiciani di aiutare il Davidovic contro il ritorno di un governo pasiciano. Ma le associazioni segrete deìl’Orjuna e della Srnao, fornite di armi dal quartiere generale del partito militarista andavano ostacolando con dimostrazioni di squadrismo l’opera che Radic svolgeva appassionatamente nel suo paese per mantenere sempre vivo il sentimento nazionale e l’antiserbismo. E quando il Ministro della guerra, generale Hadzic, fiduciario del Re, rassegnò le sue dimissio-