122 A. BESOZZl - V. A. MARTINI come redente. In un discorso tenuto a Serajevo dal leader serbo Pasic egli disse apertamente che nella Bosnia non riconosceva croati. E quando il Ministro Jankovic impose di usare sulle stazioni ferroviarie della Croazia la dicitura dei nomi in alfabeto cirillico (cioè serbo), il gesto produsse una grande e dolorosa impressione nel popolo, che si vedeva menomato e umiliato da un governo oppressore. La violenza dei metodi del governo belgradese contro la Croazia non lasciava affatto dubbi sulla finalità cui miravano le direttive del partito militarista. O la Croazia si rassegnava tacitamente ad accettare il programma imperialista, collaborandovi efficacemente o non ostacolandone le azioni, o Belgrado si sarebbe vista costretta a seguire un piano di livellamento forzato simile a quello che opprime e angaria le altre minoranze. Ma siccome l’elemento croato non è stato mai disposto ad accettare i soverchiamenti dei panserbisti e a tradire le proprie tradizioni storiche, Belgrado cominciò ad adottare una politica di persecuzioni e di vessazioni, eseguendo arresti, favorendo congiure, sopprimendo giornali, proibendo assemblee e riunioni. Il regime di violenza instaurato dalle truppe serbe in Croazia, i maltrattamenti inflitti alle popolazioni, le persecuzioni contro i contadini minacciati anche di morte, non potevano pertanto non determinare la sommossa croata che nel novembre 1918 con due reggimenti comandati dal generale Lipovshak tentò di impadronirsi militarmente di Zagabria. La sommossa fu però subito repressa arrossando di sangue le vie della città, empiendo le carceri di rivoltosi.