LA JUGOSLAVIA E LA PACE EUROPEA 29 accogliendo il grido di dolore e di ansia di tutti gli ir-redenti confratelli angariati dalla politica aguzzina dei se-guaci di Metternick, vedevano nella guerra europea l’occasione propizia per compiere il Risorgimento. Si andarono profilando allora le due correnti del neutralismo e dell’interventismo. Alla prima appartenevano generalmente i pavidi, i falsi demagoghi delle congregazioni internazionali, gli inorpellati e bolsi maestri che si impancavano sulle ipocrite cattedre del pacifismo a scadenza illimitata. La seconda comprendeva le forze giovani e sane della Nazione, quelle che condussero a Vittorio Veneto e si rinnovellarono poi nell’ardente spirito della Epopea fiumana e del Fascismo. Ma poiché l’intervento italiano nel generale conflitto veniva dai futuri Alleati considerato come una imperiosa imprescindibile necessità militare, si cominciarono a gettare le basi di una convenzione fra l’Italia e le Potenze dell’Intesa. Conformemente agli articoli dello schema di convenzione preparato a Pietrogrado ed agli accordi militari che sarebbero stati raggiunti dagli Stati Maggiori, l’Italia dovrebbe immediatamente dichiarare la guerra, ottenendo, secondo le promesse dell’Intesa, le cessioni del Trentino, di Trieste e di Valona « insieme con altri possessi inde-finiti per garantire una sua SITUAZIONE PREPONDERANTE DELL’ADRIATICO, CON LA SOLA RISERVA CHE FOSSE GARANTITO UN ACCESSO AL MARE ALLA SERBIA ». Le offerte erano evidentemente misere, e Sonnino le rifiutò. Pare che l’irremovibile Sazonov — il mallevadore 4 — LA JUGOSLAVIA E LA PACE EUROPEA