116 A. BESOZZI - V. A. MARTINI zioni, infinite vessazioni e periodici attentati seguiti da arresti e deferimenti al Tribunale speciale per la sicurezza dello stato, inabissano sempre più quel tenue e appariscente filo che legava politicamente i croati ai serbi in seguito alla costituzione del « regno dei tre popoli » avvenuta nel dicembre 1918. Abbiamo già accennato in varie pagine di questo libro alla sostanziale e profonda differenza storica tradizionale linguistica religiosa culturale e politica che pone tra i due gruppi un largo divario e rende vano ogni tentativo di amalgama e di coesiva collaborazione. Due popoli difatti che hanno il solo legame di una antica discendenza dal medesimo ceppo etnico, il quale si è d’altronde affievolito e adulterato nel corso dei secoli, non potranno mai, per questa sola ragione, unire in un unico destino la loro vita. Dove non c’è interesse comune non esiste lotta comune, e non c’è, noi crediamo, qualcuno che possa vedere un’identità di interessi fra i due popoli slavi messi di fronte in una lotta senza quartiere. La crisi serbo-croata è profondissima, è spettacolo di odio insuperabile e di dissidi cruenti, insanabili. E’ una tenace guerra fra i due sistemi antagonistici del centrismo panserbo e del separatismo croato. Zagabria e Belgrado sono così i poli opposti di due mondi, i coefficienti di due tendenze divergenti, le capitali di due movimenti che è assolutamente assurdo poter pensare di contemperare e rivolgere ad una sola finalità. I croati furono obbligati da due soli motivi ad unirsi coi serbi : l’atteggiamento risoluto di Clemenceau che