90 A. BESOZZI - V. A. MARTINI S.H.S. insultasse l’Italia, ma non reagiva direttamente. Una volta fece pregare Lord Curzon « di far pressioni a Belgrado onde non si commettessero imprudenze ». Ma gli è che a Belgrado avevano capito perfetta' mente che la nostra scandalosa ritirata da Valona era stata determinata dal caos e dalla viltà che imperavano in quel momento nella nostra Nazione, e diventavano in conseguenza impudenti, assumendo contro di noi degli atteggiamenti di ostilità, impunemente. Anche nelle con-versazioni di Spa lo Sforza non sollevò minimamente di fronte ai delegati jugoslavi un accento di protesta contro tutto quanto si andava ridicendo e tramando in Jugoslavia ai nostri danni. Questa condotta quasi passiva, che accusava una mancanza assoluta di sensibilità politica e di dignità nazionale,, rendeva naturalmente gli jugoslavi sempre più prepotenti e baldanzosi. Quando difatti si discusse a Belgrado la legge delle circoscrizioni elettorali per la Costituente jugoslava, quel parlamento stabiliva nell’art. 14 che la Venezia Giulia formava parte del regno jugoslavo e ne estendeva i confini all’ Isonzo, Ciò aveva ed ha naturalmente la più grande importanza in quantochè affermava in forma ufficiale le aspirazioni del nascente regno e determinava un punto di riferimento e di richiamo per il sentimento patriottico delle popolazioni. Nella impudenza di così audaci e assurde rivendicazioni lo zampino del Quai d’Orsay non era del tutto estraneo. L’Italia, che avrebbe potuto indubbiamente usare da sola una politica vigorosa e risoluta contro il governa