Vili sia solo quello procurato dalla sete del dominio, dall’appetito territoriale. I serbi avevano ottenuto dalla guerra la Croazia, la Slavonia e la Slovenia, la Bosnia e l’ErZego-vina, la Dalmazia e il Montenegro, la Macedonia e Banato, la Barania e la Bcaka, eppure non si mo-stravano ancora sazii di così pantagruelico banchetto, perchè non nascondevano le loro mire aperte sulla Stiria e sul bacino di Klagenfurt, su Fiume e su Trieste e su Gorizia, su tutta l’Istria fino all’Isonzo, e poi giù nei Balcani sino a Salonicco. II credo dell’imperialismo panserbo è difatti ’’dall’IsonZo all’Egeo”. Questo è il dogma e la base della politica belgradese. E non è affatto astrattismo storico, romanticismo, apocalisse, ma attivismo. Tutte le associazioni più o meno segrete stile Jadranska Straza e Narodna Odbrana e Bela Ruka hanno per fede questo credo e par programma questo obbiettivo. Gli allievi delle scuole militari sono anche educati in quel senso. A loro si apprende che Trieste, Fiume, Gorizia, Cividale sono città slave da riscattare. Il giovane Monarca dichiara che ”il più bel giorno della sua vita sarà quello in cui metterà piede nell’Istria per riscattare t fratelli”. Gli uomini di sua maestà Alessandro Karageor-gevic f avoriscano di accomodarsi a venire nella Venezia Giulia! E’ una cosa molto strana: oggi si parla ovun-