— 62 — dell» patria, quantunque egli dopo l’onta di Lissa, domandasse il possesso dell’isola, « chiamata giustamente «la altri la Malta dell’ Adriatico ». Tuttavia, mentre la Dalmazia ascoltava, intenta e fremente, chi, al pari di Giuseppe Grioli (incarcerato per questo), la confortava ad alte speranze, il Mazzini nel ’58 incitava « gli uomini delle coste illiriche » a formare « nel Partito d’Azione una sezione speciale chiamata V Italia marittinta », giurando di consacrare l’opera loro « alla conquista dell’Italia Una e Repubblicana». Il concetto del grande agitatore forse non era molto dissimile da quello, che seguiva il conte di Cavour applaudendo, dopo Villafranca, all’iniziativa di Pacifico Valussi e degli amici suoi, i quali si proponevano di attrarre, nella nuova marina italiana, Veneti e Istriani e Dalmati. Si avrebbe avuto — pensava — « il doppio vantaggio di togliere i marinai all’Austria e farli propri ». Cavour in quel momento non poteva smarrirai in troppo vasti disegni, bensì incoraggiava a seminare perchè ‘ i Agli potessero raccogliereMa, se mai l’ora solenne della liberazione fosse suonata, Mazzini e Cavour avrebbero abbandonati i Dalmati, i fratelli e compagni nel sacrifizio e nel dolore T — No, di certo. Da Spalato, intanto, Antonio Bajamonti, « il podestà mirabile », dava esempio alla Dalmazia che l’attività dei cittadini poteva raggiungere rapidi ed alti progressi, senza i benefizi del governo straniero, e per tutta la provincia cresceva net pianto l’ansia della redenzione.