— 157 — • • Poiché siamo col Tommaseo, e qualche idea singola di lui, scelta con cavillosissimo artificio, è stata a noi di recente rinfacciata, ci sia lecito citarne alcuni jieriodetti ancora, a meditazione c a confutazione definitiva dei vari nostri umici croati d’ 1 Mirili e d’Italia. « Non solamente c’è sempre stata, anche dopo gli Avari, una Dalmazia italiana, ma e le tradizioni religiose e civili e intellettuali tra questa Dalmazia e l’Italia, e i vincoli di consanguineità, si vennero via via rinfrescando per le migrazioni egli esilii; giacché, come tutti i paesi di contine, la Dalmazia è tèrra d’esuli ». E ancora: « Nè solo i sangui si sono commisti, e le glorie e i dolori, le utilità e le speranze coni-penetratesi; ma scambiaronsi i nomi stèssi. Famiglie italiane silente, vivono nelle slave, e alle slave lasciarono l'eredità delle memorie e degli averi; famiglie slave assunsero nomi italiani; talchi gli odiatori del nome italiano può dirti che a doppio titolo odiano la patria, rinnegano smemoratamente si stesti ». ( « Il Serio nel Faceto » pag. 364 ). E molto comodo, o m’inganno, non considerare letterato dalmata il Dalmata che ha scritto certe sentènze inappellabili, che così nettamente si confanno, oggi in ¡specie, a chi senza buona fede coopera o ha cooperato alla violenta e ingiusta svalorizzazione della nostra lingua e della nostra coltura in Dalmazia: ma il Tommaseo, ahimè, qualsiasi cosa si faccia, rimane il genio rappre-