nati, ecc., devono essere sostituiti da altrettanti Italiani. S’è calcolato a Trieste che per questo fatto almeno 25.000 Slavi dovrebbero abbandonare la città, componendo tale numero all’incirca le famiglie degli Slavi addetti in tutti i ranghi alle aziende su citate. Più difficile — non ci nascondiamo — sarà la reintegrazione nazionale della Liburnia, dell’isola di Veglia e della Dalmazia. Scuole e presidi militari saranno senza dubbio anche qui i coefficienti più forti dell’ italianizzazione. Agiranno con altrettanta efficacia le forze attrattive dell’italianità si come hanno agito sinora spesso le forze snazionalizzatrici dello slavismo. A queste si deve nei medio evo la slavizzazione di quei latini che sono divenuti i Morlacchi, ad esse, nell’evo moderno, la slavizzazione delle popolazioni latine in gran parte del Quaruero, ad esse nella seconda metà del XIX secolo la slavizzazione di migliaia e migliaia «1’ Italiani in Dalmazia. L’Italia deve riprendere il suo, deve ricercare, ricreare l’italianità dove s’è spenta! Ma altri elementi di politica e di lavoro ridaranno all’italianità la Dalmazia. Pur essendo la Dalmazia terra che ha tutta la storia parallela ed identica a quella d’Italia, il problema che la riguarda deve essere considerato come un problema coloniale: cioè di strategia, di colonizzazione, di valorizzazione. Certamente talora le perplessità, l’umanitarismo, il teorizzare della democrazia potranno rendere difficile l’attuazione di quel problema, creare degli impicci ed indirettamente prestar qualche volta man forte alle