— 00 — Nè solo molti dei Dalmati si erano raccolti nelle vendite carbonado e nelle loggie massoniche, ma dalle loro contrade furono ben presto profferite parole incitatrici ai fratelli dell’Italia meridionale. Tutte le sètte che agitarono la Penisola misero radici in Dalmazia. Nel 1835 la Polizia ricercava gli .-Iiihoi dei Popoli; nel ’43 i Vindici del popolo; nel ’44 il capitnno Gelsic patì l’onta e i dolori del carcere per avere lasciato sbarcare a Corfiì, dal vapore «lei Lloyd che egli comandava, Emilio Bandiera. Venezia e Roma sono città sacre alle più fulgide glorie della Rivoluzione ituliana: a Venezia ed a Roma la Dalmazia mandò generosi .difensori. Volle sventura che la prima Commissione municipale veneziana, concedendo il permesso di imbarco al conte Pallfy, preservasse all’Austria la dotta raccolta nel porto di Pota. La sorte della nuova Repubblica di S. Marco era così in gran parte segnata. Senza il dominio del mare, che, avvisata in tempo, la marinerìa austriaca, composta di Istriani e di Dalmati, avrebbe assicurato a Venezia, la resistenza alP Impero si trovò priva e di una delle più valide armi, e del diretto e pieno soccorso degli Istriani e dei Dalmati, che già insorgevano e sui quali a ragione il Manin sapeva di poter contare. Più tardi il Tomma*èo credette pericoloso dare ai I>almati, che lo attendevano, il cenno della rivolta. La nuova Repubblica di San Marco ebbe il primo saluto dai Dalmati. E ben conosciuta la pagina bellissima di Federico Seismit Dotta, del raguseo « giovin dall’alma bollente », che descrive