deviare da Venezia le relaxioni commerciali; che la gente della Dalmazia — per usare una frase di Marco Foscarini — « patisse la fame in mexxo all’ abbondanta ». Non ei meraviglieremo che, tra si gravi strettene, la iHlmaxia, dopo la bella fioritura medievale dell’arte e degli ingegni, abbia dato scarsi contributi al progresso della coltura italiaua, e che itagusa, invece, abbia potuto esser chiamata 1’« Atene della Dalmazia ». È vero, però, che la povera Dalmazia per virtù di 8. Marco conservò integro il suo carattere nazionale, mentre la do-visiosa Kagusa, senza difese all’infuori che per gli interessi materiali, vantò infine una letteratura mexxo italiana e mexxo croata. • Fra languori e miserie • la Dalmazia ebbe inoltre la sciagura di esasperare le disuguagliante sociali, abbondouando una folla di meschini al-Favarixia di una ristrette oligarchia, che sssicu rava il governo municipale all’egoismo ed alla prepotenza di poche casate. Disordini, talora aggravati dagli abusi degli officiali veneziani medesimi. Alla Hepobbliea venete del Seicento e del Settecento, esauste neils pubblica ricchezza e sempre piil scarsa di energie, mancarono sopra tutto i meni per riparare a sì doloroso stato di cose. I mexxi, non la volontà. La volontà di recare sollievo alle travagliate popolazioni della Dalmaxia e costante — talora si direbbe ansiosa —, e si dimostra nei frequenti e abbondanti soccorsi di vettovaglie, nei premi all’agricoltura, nelle provvidenze sanitarie, nei