— se — I benefizi «lei governo austriaco, attivo ed ordinato, noti corrompevano il paese. 11 paese era rimasto veneziano: più schiettamente veneziano, nell’anima e nella religione delle memorie, che le provincie medesime di terraferma. I ragazzi sentivano « commemorare nel dialetto di Venezia i danni di Cipro, Candia, Morea, come domestici latti recenti », crescevano nell’ esaltazione dei cauti eroici. Come gli altri ragazzi italiani, apprendevano dalla mestizia delle loro madri, in timore per i mariti inscritti alle società segrete, che sul paese natio incombeva un dolore in cui si perde ogni domestica gioia: quello della servitù allo straniero. Dolore più crudo ai Ihilmati, che potevano sembrare ai fratelli della Penisola Agli di nn’altra terra. t Pur troppo spesso era cosi. Ad una più diffusa e chiara coscienza della italianità della Dalmazia nooque la ignoranza geografica, che fu sempre cagione di sventura al nostro paeae, e l’impreciso ricordo storico, per cui gli « Scbiavoni ». soggetti un giorno a Venezia, in terra • da mar », parevano genti d’altra stirpe. Ma la Dalmazia non fu sempre dimenticata. 1 Carbonari, per esempio, sognavano la Repubblica Ausonia libera tutta « dalla triplice marina alle più alte vette delle Alpi, da Malta al Trentino, dalle bocche di Catturo a Trieste »; le davano i confini medesimi, che Vincenzo Salvagnoli nel IMM indicava a Napoleone Ili appartenere di diritto all’Italia riaorta. Daniele Manin, Carlo Cattaneo, gli uomini della Repubblica Romana non avevano pensato diversamente.