— 156 — Con le tradizioni e con i monumenti, esistevano ai tempi del Tommaseo, ed esistono quasi intatte oggi e la lingua (« in Dalmazia non solo le parole veneziane sopravvivono alla veneta dominazione, ma quelle torme di dire che nell* antica dominante si vengono sverdendo dall’ uso, in quelli ultimi confini rimangono viventi ad attestare la sapiente dottrina del Vico, che la filologia è intima parte di storia ». Op. eit., pag. 108), « onde può dirsi che certi baroni e marchesi napolitani e toscani parlano italiano men puro che l’umile femminetta «li Sebenico * (id^ pag. ITO) e la cultura nostra. E a chi asserisce non essere esistita mai letteratura nostra in Dalmazia, risj>onderemo ancora con le parole del Dalmata, il quale, per avere scritto italiano ed essere gloria autentica italiana e del mondo, non dovrebbe, secondo i Croati nostri contemporanei, appartenere alle lettere nostre di Dalmazia: « dei libri ncritti da’Dalmati nelle dn? lingue d’Italia potrebbe*i comporre una non piccola, e parte non oscura, raccolta »(id., pag. 160). E chiaro, questo, a’ciechi f E vale più essa, l’asserzione allegra del vnlentnomo nostro d’Illiria, o questa del Tommaseo! Ma per discutere con queste ottima gente croata, bisognerebbe fare come il Tommaseo stesso, una volta consigliava: «essere un po’Croati: italianissimamente e fio-rentinellissima mente Croati: ma < non c’è rimedio) un po’ Croati ».