ciò non può essere loro accordato clic da uua grande Nazione e da uno Stato potentemente organizzato, ridiventeranno produttive di sudditi e di soldati perdutamente fedeli all’Italia come furono per Venezia. I reggimenti dalmati, acquartierati nel Regno, si sentiranno elevare ad un grado superiore di civiltà, si nutriranno delle ricche forze della vitalità italiana e ripeteranno la storia di quelle cohortes militum dal mata rum che combatterono per la grandezza di Roma in Uri-tannia, in Germania, in Pannonia ed in Siria. Si rinnoveranno quei vincoli d’unione tra la Dalmazia e l’Italia, quei vincoli di reciproca fiducia che permettevano a Sebastiano Venier di affidare ad un manipolo di soldati dalmati la difesa del vessillo ammiraglio di S. Marco alla battaglia di Lepanto. Hanno ferma, convinta fede in ciò i patrioti italiani della Dalmazia che conoscono la plebe croata della loro terra, per temperamento, per attitudini mentali e morali ben diversa da quella della Croazia con cui ha comune solo la lingua, o meglio il fondamento della lingua. I Croati della Croazia non hanno nessun passato, nessuna originalità, servi dell’ Austria o dell’ Ungheria da molti secoli, orientati nella vita privata, nella pubblica ed in tutta la loro storia secondo i principi della civiltà tedesca. 1 Serbi, fuorché nella città di Ragusa che fu repubblica e nelle bocche di Cattaro che furono di Venezia, hanno nel loro passato sette secoli di distruttivo servaggio turco ed austriaco. Gli Slavi della Dalmazia sono vissuti in mezzo ai fasti della civiltà romana e della