Nou ho fatto altro eh«* citare qualche nome, a caso: e n questi potrei aggiungere altri nomi «li oratori e scrittori italiani di ((rande valore: quelli, fra altri, di Luigi Ziliotto, il nobilissimo podestà di Zara, di Koberto (ìhiglianovich, il quale, insieme a Leonardo Penzoli e a Krcolano Salvi di S]>alato, è stato il buono capitano della nostra disperata battaglia nazionale. Ora, questi nomi «li contemporanei significano, se non altro, una cosa. Questa: che la menzogna della morte dell’italianità dalmata è menzogna ridevole; ma che Passerzione dello non esistenza di una letteratura nostra in Dalmazia è contraddetta, non solo negli scorsi secoli di maggiore gloria, ma pure in quest’ epoca nostra di repressione violenta di ogni traccia d’italianità in quella terra, dalla realtà luminosa della ininterrotta continuazione delle nostre migliori tradizioni letterarie. «L’ingegno dalmatico — ha scritto il Tommaseo — (senza perdere delle morali qualità dello slavo) tiene degli spiriti italiani e de’greci *. Ed è di questa fusione di elementi etnici e di varia cultura, ed è della naturale asprezza e gentilezza della terra, la nervosità e durezza che ricorrono nelle prose e nei versi di quegli scrittori italiani. Difetto, a volte, cotesta radezza e asperità di periodi e di ritmi: ma qualità, a un tempof caratteristiche del clima morale ed etnico e della dura combattuta storia di quella gente. La quale è necessario che, pare nell’avvenire, quando Italia e Serbia si saranno equamente e lealmente divise la terra, conviva insieme e in.