— 71 — coli proprietari e coloni dei granili proprietari italiani che vivevano nelle città e nelle borgate, mentre gli slavi abitavano allora, come oggi, le campagne e i sobborghi. Ma nella vita patriarcale, ancora primitiva, delle |>opolazioni rurali di Dalmazia questa distinzione era quasi insensibile. 8c alle volte c’era dell’odio fra contadino e proprietario non era odio di razza, ma odio di classe provocato dalla tirchieria o dall’ usura di qualche singolo signorotto fondiario. E qui forse si |>otrà fare un altro appunto alla borghesia italiana — però bisogna anche tener il giusto conto delle condizioni e dei tempi arretrati, di cui parliamo — di non aver provveduto a tempo con organizzazioni economiche (cooperative, casse rurali, ecc. ) a migliorare la posizione dei contadini; vi provvidero — molto tardi però e molto malamente — i preti e gli agitatori croati sfruttando l’occasione a danno dei proprietari italiani e sottraendo il contadino, dove e quando potevano, al loro influsso politico. Le poche istituzioni analoghe fondate dagli italiani furono utilissimi mezzi di difesa. Altre distinzioni fra italiani e slavi in Dalmazia non c’erano, perchè — bisogna notarlo bene! — fuorché la parlata slava, croata o serba (fa lo stesso), ¡contadini di Dalmazia nuli’altro hanno di slavo nemmeno oggi dopo quarant’auni di predominio croato in Dalmazia. Tutti gli usi, tutti i costumi, tutti i giuochi, tutti i gusti artistici, letterari, musicali di questi slavi di Dalmazia sono italiani e peniino — parrà banale l’argomento, ma è dei più persuasivi, perchè il