— 76 — itila borghesia italiana la loro amministrazione pubblica e sostituirvi una borghesia slava. Nella politica interna le stesse sfere reazionarie, auliche e militari coadiuvate dall’episcopato austriaco e dal basso clero — dopo domate le rivoluzioni del ’48 — riordinavano le lìle dei loro seguaci nel paese per contrapporle ai partiti borghesi liberali, che dopo le sconfitte sui campi di Lombardia e di Boemia ritorneranno alla riscossa. Già nel 1849 si riunivano a Vienna in eonfereme, durate alcuni mesi sotto la presidenza del cardinale Schwarzenberg, fratello del presidente del consiglio, e dell’arcivescovo Kauscber, aio dell’imperatore, tutti i vescovi dell’« impero * a studiare i mezzi per « cristianizzare » di nuovo le terre d'Austria e poco dopo nel 1S55 Francesco Giuseppe — a coronare le concessioni già fatte al clero — firmava quel famoso itweorda/o con il Vaticano, che rendeva lo stato mancipio della chiesa. Ma in compenso i vescovi e il basso clero si accingevano al non lieve compito di organizzare le masse rurali in gran parte ancora semibarbare contro i cittadini; l’insegnamento pubblico e i corpi insegnanti, maestri e professori, erano stati mediante il « concordato • abbandonati alla mercè del clero: chiesa, pergamo e confessionale, scuola e caserma nonché tutta l’amministrazione statale divennero ora mezzi potenti, con cui perseguire gli scopi delle alte sfere di reazione. In Dalmazia — dicemmo — gli italiani rappresentavano la borghesia liberale, costituzionale. Sono ricordate ancora dai vecchi in Dalmazia le plebiscitarie