— 147 — già i m pariti liste pancroate dello scrittore di questo libercolinof E sia. Non saremo, certo, noi, che impediremo la restituzione in integro del fnvoloso regno d’Illiria, vagheggiato sino almeno n Kn-ninuovo, a danno dell* indipendente eroica Serbili, dai Trialisti amburghesi e dai due o tre loro compari gazzettieri di Francia e d’Inghilterra. Rimanga, dunque, egli in Illiria, il nostro paniugoslavo scrittore, col suo cibreo male riscaldato di argomenti ripetuti a dovizia nell’ ultimo cinquantennio. su per tutte le croate effemeridi, a provare che la Dalmazia è di soli Slavi, sino nò Jore, stata popolata, e che gl’italiani, o, come egli con elegante eufemismo meglio precisa, «gli elementi romanici delle città del litorale » sono stati « progressivamente eliminati da un lento processo di assimilazione pervenuto a completa maturazione fln dal secolo decimosesto ». IJuomo d’Illiria, dunque, si affanna, poveretto, a scaraventare contro ili me, suo conte m pora neo, Italiano della Dalmazia, le sue frecce spuntate, |»erchè ho osato andar predicando per le tetre d* Italia agli smemorati Italiani che gl’Italiani della mia terra non sono ancora tutti defunti « fln dal secolo de-cimoaesto », (tic) e che l’Italia, pure senza troppi riguardi nazionali com’era sino a ieri suo costume a questa sua italianità martire e derelitta di oltre il mare, ha interessi e diritti imperscrittibili, politici e strategici e storici, come la prima inscritta, su buona parte almeoo della costa di Dalmazia, intercali e diritti giunti improvvisamente a maturazione in questo tragico istante della storia d’ Europa.