# — 96 — Quanto al venire per obbligare a contrarre matrimonio nella tribù era falso. Essi dicevano che nemmeno nel centesimo grado di parentela avrebbero preso uno della propria tribù; ebbene padroni! Vadano pure se vogliono anche in Africa o in America a trovarsi la sposa, nissuno fa loro opposizione. Noi essere obbligati a dire ciò che su questo punto insegna la Chiesa, che cioè dopo il quarto grado sia di consanguinità che di affinità cessa l'impedimento. A questa diceria aveva dato occasione un cotale di Traboina, tribù di Hoti, il quale contrasse amicizia con una giovane turca, pure di Hoti; questa fuggì con lui nel Montenero, colà fu battezzata e poi le fu benedetto il matrimonio col detto giovane. Gli Hotesi, invece di rallegrarsi per quella conversione, si chiamarono offesi che si fosse rotto l’antico uso che uno di Hoti non possa contrarre matrimonio con una di Hoti, e perseguitavano il giovane, lo cercavano a morte e così l’obbligavano a restar fuori della tribù. Noi nella Missione di Traboina spiegammo la cosa e dimostrammo che nissuno poteva condannare il giovane, nè fargli male per aver fatto cosa che è permessa dalla Chiesa e si fa in tutto il mondo dove sono cristiani. Quanto alle Kumarie o cognazioni spirituali che essi dicono contrarsi col bere il sangue — col taglio dei capelli — e col fare da testimoni nel matrimonio — noi per non ingannarli, nè lasciarli sempre nell’ignoranza su ciò che riguarda la religione, eravamo obbligati di dire, come avevamo predicato altrove, che cioè quella loro persuasione prima era un errore nell’insegnamento della Chiesa, poi quelle false cognazioni erano in pratica un’occasione di peccato per l’abuso, che regna si può dire dappertutto in Albania di concedere una libertà e confidenza illimitata a quelli che si tengono per Kumar, benché sieno di diverso sesso, per cui stanno, trattano, convivono insieme con più libertà (e spesso non santa, perchè la natura non cambia col dirsi Kumar) che se fossero fratelli e sorelle. Tutto questo fu spiegato bene e confermato con esempi, in modo che l’uditorio restò persuaso che noi avevamo ragione di inveire contro quell’abuso. Quanto al volere metter leggi riguardo ai sangui, si negò che noi venissimo con tale intenzione. Noi nelle nostre Missioni detestavamo l’omicidio e qualunque vendetta privata, fosse anche sopra lo stesso uccisore; ma dicevamo che molto maggior peccato era uccidere un innocente solo perchè parente del reo; anzi dicevamo essere crudeltà e barbarie l’uso, che, avvenendo un’uccisione, tutti i maschi parenti dell’uccisore dovessero cadere in sangue, cioè lasciare la casa, i terreni, il bestiame e andar raminghi per non essere uccisi in luogo del parente colpevole. Quindi