— 93 — Cristo in vessillo come fu sempre considerata l’immagine in cui presenta il suo Cuore al mondo che travia, furon vinte tutte le difficoltà. Restavano Traboina e Hoti. In queste due parrocchie vicine al Montenegro eran sorti dei guai seri. A Traboina 24 famiglie si erano dichiarate ribelli al governo turco, col pretesto che teneva prigionieri due della loro bandiera imputati di aver ucciso un musulmano di Scutari. Perciò presero a tagliare i pali e il filo del telegrafo sulla linea Scutari-Tuzi e Gusinje, dichiarando che non smetterebbero finché i due cristiani riputati innocenti, non fossero liberati. Inoltre dette famiglie ricevevano danaro pane e armi dal Montenegro. Era poi avvenuto che i soldati di una caserma uccidessero uno di Hoti per non essersi intesi reciprocamente, e a loro volta i cristiani uccisero alcuni soldati. In tali condizioni era difficile cominciare la missione, se non che il P. Basilio da Dongo parroco si recò dai missionari invitandoli a Traboina per cominciarvi senza timore la missione. Ogni dubbio si dissipò quando seppero che le 24 famiglie erano passate sul territorio montenegrino con la roba e il bestiame. La missione si aprì il 10 giugno ma la frequenza fu impedita alcuni giorni dalle gravi necessità in cui versava il paese senza pane e dai lavori della campagna a due ore di distanza. Chi aveva seminato l’orzo che allora cominciava a maturare, lo coglieva a manate, ne cavava i grani stropicciando le spighe, li passava o macinava colla mokna, sorta di mulino a mano che abbiamo descritto altrove, per farne del pane in qualche modo. Tali essendo le circostanze i missionari pensarono di adattarvisi passando a continuare la missione a Vuksanlèkaj dove parecchi avrebbero avuto comodità di prender parte alle funzioni. Il penultimo giorno della missione di Traboina erano tornate le 24 famiglie dal Montenegro, avendo ricevuto, come si diceva, il perdono dal Sultano per intercessione del Principe Nikola. Anche da Gruda erano fuggite in Montenegro una ventina di famiglie per non vivere più sotto il turco, e dovettero rimpatriare. Ci dovette andare il P. Sereggi a istanza del parroco, perchè non nascessero imbrogli tra i rimasti fedeli al Sultano e gli altri.