— 194 — cattoliche miste a musulmani. Molti avevan già dimenticate le orazioni; nei due giorni che vi restò il padre le fece richiamar alla memoria e rinfervorò il popolo. Aveva preso con sè alcuni giovani intelligenti per finire d’istruirli e lasciarli poi come catechisti nei loro villaggi. Un caso abbastanza ameno ci si presenta ora nel racconto del missionario. « Eravamo noi appena arrivati a Radonic (dov’eran giunti da Zhdrelo) che giunse nella stessa casa un Dervisc, cioè un monaco o religioso turco, il quale va girando per i paesi scrivendo amuleti e distribuendo rimedi ai semplici e specialmente alle donne turche e cristiane, che sperano aver grazie e guarigioni. Il padrone della casa che ci aveva ospitato si trovò non poco imbarazzato, e fece intendere al Dervisc che aveva già in casa sua il sacerdote cristiano: e allora un turco del villaggio, il quale lo accompagnava, invitò il Dervisc a recarsi presso di lui. Ma il Dervisc era un soggetto sui generis: egli non aveva nè casa, nè padre, nè madre, nè fratelli, giacché tutti di sua famiglia erano stati uccisi, pel solo motivo che volevasi distruggere quella razza, tanto erano tutti cattivi e odiati, anzi si procurò ogni mezzo per uccidere lui pure, ma non ci si riuscì, ed egli all’opposto ammazzò cinque o sei persone per riprendere i sangui degli uccisi di sua famiglia. Ora questo bell’arnese disse recisamente che quella sera non intendeva punto di uscir da quella casa, ma voleva rimanere con noi e con noi recitare orazioni, perchè i suoi santi gli avevano comandato di venire in quel luogo ed unirsi al Gesuita, ed egli benché turco disprezzava la dottrina degli Hogià e professava la religione antica: sperava inoltre che noi avremmo avuto buona acquavite, e quella sera voleva beverne a sazietà, perchè ne sentiva veramente bisogno. Io intanto stava fuori della casa recitando l’officio, quando vennero a raccontarmi tutte queste belle storie, e mi domandavano che cosa si avesse a decidere. Io risposi che se i suoi santi avevano detto al Dervisc di venire qui a passar la notte con me, non avevano detto a me di passarla con lui: il villaggio essere tutto turco e poteva quella sera andare dai suoi correligionari. Che se proprio voleva alloggiare dai cristiani vi erano tre famiglie cristiane, e quindi o egli andasse in un’altra casa e lasciasse me dov’era, oppure sarei partito io lasciando lui al suo posto. Ma nessuno aveva coraggio di dargli questa risposta: finalmente lo indussero con bei modi a recarsi dalla famiglia vicina, cioè dai cugini del mio ospite e lasciare noi liberi, quindi egli prese il suo schioppo e partì, dicendo però che