— 63 — Domandai di quale responsabilità intendesse parlare; se temeva per la sicurezza nostra personale o di qualche disordine; ma non volle rispondere, e ripetè che ora non era momento opportuno. — Presi questa occasione per dirgli che io sapeva bene che avevamo dei nemici; che s’erano state fatte delle accuse presso l’autorità civile; ma che sicuro com’era dell’innocenza mia e dei miei compagni, sfidava chiunque a trovare dove in tanti anni, dacché esercitavamo il nostro ministero di missionari, ci fossimo resi rei presso il governo di Sua Maestà. Se ci erano dei lamenti o dubbi sul conto nostro, li esponesse, io avrei risposto e dato le opportune spiegazioni. — S. E. non soggiunse più altro, ma lasciò cadere il discorso. La visita finì con una stretta di mano. Riferii a S. E. Mons. Guerini il colloquio col Governatore. L’Arcivescovo non ne fece caso; disse che partissimo pure, e prenderebbe egli sopra di sè ogni responsabilità. Gli feci notare che trovandoci alla vigilia del Bairàm, ed avendo fissato il Governatore un giorno assai prossimo per un’adunanza che decidesse sulla questione della Croce di Riolhi era forse miglior consiglio differire ancora un poco; io stesso avrei mandato persona apposita per avvisare i Parroci di Kastrati e Hoti di quella dilazione: l’Arcivescovo approvò, e così si fece. Ma questo controavviso fu un trionfo pei nemici della Missione, e per quelli invece che la volevano fu un irritamento straordinario, e si minacciavano stragi e morti. Si mandarono da Hoti persone apposta ad avvisarci di andare se non volevamo che nascessero tumulti; il M. R. P. Pro Prefetto scrisse a S. E. Mons. Arcivescovo pregandolo che mandasse tosto i Padri, che nulla loro sarebbe accaduto di male, e invece molto c’era da temere se ancor si differiva, perchè la popolazione si sarebbe vendicata sui pochi che, corrotti col danaro, aveano cercato di impedire le missioni. L’affare della croce dovea essere trattato davanti al Governatore il quinto giorno del Bairàm. Si aspettò che passasse quel giorno per vedere che cosa si sarebbe deciso. S. E. Mons. Arcivescovo col Parroco di Riollii furono dal Governatore nel giorno suddetto. Nulla fu conchiuso; solo si decise che si sarebbero radunati i Capi delle montagne, si sarebbero esaminati i fatti e data a tutti soddisfazione. Era il solito modo turco di tirar in lungo, rimettere ogni cosa a Costantinopoli ed aspettare di là la risposta che per lo più non viene mai. In città s’era sparsa la notizia che il Governatore avea proibito ai PP. Missionari di andare a Kastrati e Hoti; egli ne ebbe dispiacere e lo espresse a persona alto locata che