— 389 — Nel secondo paragrafo di leggi, al N° 11, non si comprende la clausola « ci t’i dain tietri bairak » (lettere: che li separi, decida, distingua l’altra bandiera): dipende dal «me bà bee... ci s’dita...», o è una esplicazione dei 24 (bétare) « qi t’i dajne... » che li scelga, li determini... «come dire: farà giuramento con 24 giurati cui abbia a scegliere la tribù offesa? — Questo mi sembra più logico, se pure non si suppone (ciò che non è motivo di supporre) che vi sia qualche manchevolezza nel testo. Nella versione però ho seguito il senso indicatomi dal redattore o copiatore del documento. Ma allora bisogna modificare il testo : « s’ dita gjà qi t’ a kishte dà (lidhé) tjetri bajrak ». Anche la finale del n. 11 dev’essere errata. Chi non può scolparsi col giuramento, paga! A pag. 35, riga 20 è scritto vi per vrl (vrri), che son ben diversi tra loro. A ogni modo il documento ha una grande importanza (1). (1) Si noti come anche in questo temperamento della legislazione consuetudinaria ielativa ai sangui l’autorità ecclesiastica (e con essa la Missione) pur predicando nella sua rigidezza inflessibile la dottrina del Vangelo, riusci solo fino a un certo punto a piegare la coscienza e le leggi locali. Fu certo un acquisto, ma i capi-tribù o capi-popolo riuniti in kuvénd (assem-blea) per legiferare, per impulso del parroco e della Missione, non si riducono affatto a mutare il fondo delle cose, e la convinzione che ciascuno possa fare giustizia da sè rimane immutata. Durante la Missione si perdona, alle volte in maniera straordinariamente eroica, ma poi quando si presenta un motivo di riprendere il corso delle vendette, eccettuata forse qualche persona particolare, si ritorna si può dire automaticamente agli usi di prima. Il P. Pasi lo fa osservare nelle sue relazioni e nei suoi promemoria. Per questo afferma nell'introduzione, che dopo le prediche dei missionari, socialmente si ritorna nè più nè meno come prima. Anzi, e questo lo diceva e lo dice ancora il popolo, con l’istruzione chiara che s’è ricevuta, con l’idea che ormai s’è fatta strada, essere la vendetta privata un peccato (presa oggettivamente, in astratto) la coscienza va incontro a un peccato più grave, perchè è in grado di pesarne tutta la gravità. L’istruzione certo fu diffusa con la predicazione e col catechismo, si sono troncate innumerabili serie di delitti, ottenendo perdoni che generalmente si mantennero, ma in complesso, socialmente gli animi rimasero immutati e gli usi sempre gli stessi. Anche oggidi se si cambiassero le circostanze politiche e cessasse per un po’ di tempo il timore della forza pubblica, del Governo, si aprirebbe la porta a innumerevoli vendette. Il problema è della massima gravità, e solo quando si mutassero fondamentalmente le condizioni sociali e si facesse davvero giustizia per qualunque delitto o sangue, il popolo si cambierebbe.