— 369 — VI. Come giudicano due notissimi francescani albanesi, i RR. P. Giorgio Fishta, e P. Paolo Dòdaj LE CONDIZIONI MORALI DEL LORO POPOLO L’Illustre poeta francescano scrive cosi : Essi (gli Albanesi) pur essendo « fuor del giusto sentiero » (tè shtrèmtè), vedono la verità. — Anxat e Parnasit. Palokè Cuca - Str. 39» 2a Ediz. p. 184. — Ahi sventura per noi! che tanto in passato come al presente, non abbiamo potuto due soli metterci d’accordo, ma uno dà un colpo al chiodo, l’altro (al contrario) al ferro di cavallo. ( = uno distrugge quel che fa l’altro). cfr. ibid. p. 22 vv. 15-19. p. 96 vv. 28-30, dove tutta quella satira è una terribile requisitoria contro i mali morali che infestano l’Albania. Cfr. pure finale della Dredha e Djallit 1. c. p. 144. E il M. R. P. Paolo Dòdaj O. F. M. così scriveva ai suoi PP. Francescani: « due piaghe soprattutto flagellano il nostro popolo, eredità di una lunga e barbara servitù, che seminò tanta discordia e si dimostrò così ribelle alla vita sociale, e queste sono da una parte l’individualismo che ha sconcertato così profondamente lo spirito, da non permettergli la sommissione alla legge e impedire qualunque slancio di sacrifizio, dove lo richiedesse la necessità del vantaggio comune della patria, e dall’altra parte la fierezza dell’animo, l’odio, la legge perversa del « sangue », che forma una delle vergogne più gravi della nostra nazione, una delle cause principali delle nostre sventure ». Dalla « Leter Qarkore Fransishkajve te Shqypnis », p. 10. Ho dovuto citare tutti questi documenti e riferire le testimonianze di uomini che hanno perfetta conoscenza di quel che dicono, poiché 24