che poi saranno popolate dagli Slavi: daH’Illiria alla Pannonia, dalla Tracia alla Mesia e alla Dobrugia con la sua maestosa colonna traiana ad Adam-Klissi. Naturalmente, punto di partenza, sarebbe Roma. E « miliarium aureum » potrebbe essere tanto la colonna di Traiano, con immagini che fanno pensare agli antichi Slavi gravitanti sulla Dacia, quanto il Museo dell’impero che echeggia di voci riferentisi a regioni che poi saranno completamente slave. Ma qui manca ancora la diretta compartecipazione, la presenza diretta degli Slavi; siamo in zone preistoriche per gli Slavi, e il nostro cammino muta direzione. Essendo avvenuti i primi contatti degli Slavi con l’Italia in piena regìa religiosa, è in essa che le loro prime tracce vanno ricercate. E come l’apostolato di Cirillo e Metodio ne è l’atto più notevole, così il monumento più suggestivo è la basilica di San Clemente in via San Giovanni al Laterano: basilica di antichissima origine, risaliente ai primi tempi del cristianesimo, sede di Concili, depositaria tanto delle reliquie di S. Clemente, rinvenute dagli apostoli slavi, quanto, secondo la leggenda, depositaria anche delle reliquie dei fratelli slavi o, per lo meno, della tomba di Cirillo; basilica che andò soggetta a numerose vicende come a profanazioni (p. es. quella di Roberto il Guiscardo nel secolo IX o quella del tempo dell’occupazione francese di Roma) e a successive restaurazioni, per cui la sua parte antica resta avvolta da molti misteri; basilica che con successive sovrastrutture, con la nuova Cappella dei SS. Cirillo e Metodio (eretta nel 1886 per desiderio di Leone XIII e con il contributo del papa e del vescovo croato Strossmayer) e con tutta la letteratura che le si ricollega (1) rende onnipresente il ricordo dei santi slavi. Di qui il piede ci porterebbe al Vaticano, anzi tutto a S. Pietro, cui, come abbiamo visto, è legato in particolare modo il culto di San Venceslao. In Vaticano però ci si perde e ogni ricordo slavo, siano gli affreschi raffiguranti Gregorio VII e la Croazia, siano i dipinti raffaelleschi sul miracolo di Bolsena, diventa un piccolo astro che impallidisce nell’immensità del firmamento. Sulle orme, già prima segnate, di (1) Ora alle vecchie, ma fondamentali monografie, scritte in italiano, di G. B. De Rossi, J. Wilpert ecc. possiamo aggiungere anche il volumetto di C. Ceccrelli, San Clemente, Roma, s.a. (ma 1930). Cfr. l’articolo interessante di A. A. Bernardy, Ricordi dei Santi Cirillo e Metodio in Roma in Vita Bulgara, II, (1941), n. 39. — 71