da ¡’ultime contrade, là dove rOrsa algente stringe le salse spume in selce dura, s’apre per mille vie la via sicura il forte Russo e indura sol per discior d’Italia oppressa il nodo! (1) D’altra parte — narrano le cronache — i soldati russi male si comportavano perché « dove andavan a dormir portavan via coverte e len-zuoli e trattavan di dar delle botte a chiunque avesse voluto dir qualche cosa » ...e per le strade toglievano « alla gente che andava in volta i tabarri e le ombrelle quando pioveva » ...ed erano « tanto cattivi che saltavano al collo delle donne e, se potevano, loro sbregavano i monili e gli orecchini... » (2). Ed allora ecco i giacobini a reagire; ecco Giovanni Pindemonte a scalmanarsi, a protestare che ...giunser nuove ad aumentar la tema fin dal Neva più barbare falangi, Russi, Sciti, Cosacchi; e Milan trema e a proclamare che per le Scitiche belve e pei tiranni no, non è fatto il culto Ausonio suolo! (3) Alle voci della poesia fecero eco, sia pure ancora anonime e prudenti, le « storie » della campagna russa in Italia, le vite e le gesta dei generali vittoriosi. Tutto nel giro di pochi anni, tutto quindi non scevro di storica improntitudine, ma non privo di documentazione e di impressioni fresche e ancor palpitanti. Ma tutto ridotto a pochi numeri, (1) R. Fasan ari, Op. cit. pag. 91. Cfr. inoltre: G. Palloni, Tributo di lodi “gli Eroi condottieri degli Eserciti Austro Russi, offerto dalla Comunità di Firenze, ecc. Firenze, 1799; — Composizioni in lode delle Armate Austriache, reci-,ate neU’Accademia Filarmonica di Verona, Verona, 1800; — 1 Beni della Libertà. Prose e Poesia recitate il 15 luglio nella Sala Filarmonica in Verona, Verona, 1801. (2) R. Fasanari, Op. cit. pag. 24. (3) G. Pindemonte, Lettere e Poesie, Bologna, 1883, pag. 85 — 339