e ferrata. Non resta quindi che la lotta per l’autonomia in seno alla monarchia. Il risorgimento ha da prima carattere culturale e successivamente assume atteggiamento politico, che magari nei moti del ’48 non rifuggirà da azioni armate, ma, per forza di cose, si esplica per lo più nell’alveo di un esasperante parlamentarismo, nella disperata e inflessibile resistenza passiva a ripetuti assolutismi e centralismi. Con esso però si fa strada e autorità una nuova società, che sorge dal popolo e si batte per un programma di eguaglianza sociale e di riedificazione morale e intellettuale. Sull’altare della patria, al posto dei vecchi re cinti di scettro e di spada, si consacrano i non blasonati « risvegliatori », sorti dal popolo e cinti dalle armi della cultura: la parola è alla democrazia, sia pure imborghesita. Fra gli Slavi meridionali, in relazione alla rispettiva situazione politica e alla tempra dei singoli popoli, il risorgimento nazionale ebbe a-spetti diversi. Più battaglieri di tutti furono i Serbi, i quali vollero scuotere il giogo straniero, principalmente turco, e già nel 1815, col loro principe Milos Obrenovic, impugnarono le armi contro i Turchi. E dal Montenegro, che per così dire era in stato di continua ostilità con i Turchi, alla Bosnia che nel 1816 insorse e quasi più non si placò, si venne formando un’atmosfera rivoluzionaria che a tratti andò avanti fino al Congresso di Berlino e degenerò persino in lotte dinastiche. Altrettanto, ma in minor misura perché più isolati e più scarsi di aiuto, fecero i Bulgari, le cui sollevazioni isolate di Stara Planina, di Nis, di Vidim e Lom, ecc. sfociarono nella guerra che nel 1877 la Russia dichiarò alla Turchia per assicurarsi il predominio sul Mar Nero e nei Balcani. I Croati, presi tra i due fuochi dell’assolutismo austriaco e delle sopraffazioni magiare, arrivarono al punto da schierarsi in campo aperto contro i Magiari durante il turbinoso Quarantotto, ma poi retrocedettero sul terreno costituzionale e si limitarono alla difesa parlamentare dei loro diritti storici. Gli Sloveni, inabissati nel duro servaggio austriaco, cercarono di risollevare le classi più umili e perorarono l’integrità linguistica delle loro terre, che dovevano venir riunite in un solo corpo organico. Comune fu, in complesso, fra gli Slavi meridionali, l’idea di un risveglio nazionale e culturale, cui facevano eco grandi e piccoli sogni eli unificazioni e grandi o piccole riforme sociali, accompagnate da inevitabili lotte di partito fra moderati ed estremisti, fra vecchi e giovani: tutti interpreti di nuove ideologie democratiche, alle quali se non mancava serietà d’intenti, mancava ancora la vera capacità di agire. C’era troppa aria di romandeismo! 358 —