conosciamo nella sua interezza solo per merito dell’acribistica ricostruzione del prof. Weingart (1). Letterariamente essa ha pure la sua importanza perché appartiene alle opere di quella schiera di scrittori, i quali si scagliano contro coloro che sentono troppo il fascino della « pagana Circe » e « ad nae-niarum garrulitates... alta divertunt ingenia » : è quindi un fremito di reazione del clericato colto contro tendenze e gusti classicheggianti ; in altre parole, è rivelazione della persistenza o sopravvivenza classica che trionferà solo in pieno umanesimo. Ed è strano, ma sintomatico, che proprio come esempio di « memoranda gesta » e di bella pompa ecclesiastica si sia scelta la figura di un personaggio straniero, slavo. Comunque è una Vita o Passio che poteva ben interessare il lettore italiano. Essa non è né troppo ascetica e retorica né troppo annalistica e arida. Sa alternare la verità con l’invenzione, la storia con la leggenda, serbando quel senso di equilibrio che è proprio del popolo italiano nelle manifestazioni della sua vita e della sua cultura. Essendo sorta all’ombra della Chiesa e della sua agiografia, non respinge naturalmente quegli elementi che sono ormai convenzionali, dai sogni alle visioni, dai tormenti ai miracoli. E anche se nella biografia di Venceslao mette in evidenza la religiosità di lui, non dimentica però di segnare anche quelle sue note che ci danno l’idea dell’uomo e del regnante laico e, in certo qual modo, democratico, il quale abolisce i patiboli, rispetta per primo le leggi, difende i deboli, aiuta i poveri, conduce vita modesta e vive fra il popolo (cap. 7-8). Bello il ritratto morale (cap. 5-6) e buona la ripartizione della materia. Piace pure, in complesso, la conoscenza della materia, il modo con cui in essa è riflesso l’ambiente boemo, dal suo etimo e dalla serie dei primi regnanti a vari usi e costumi. Pochi e non gravi gli errori che le si possono imputare. Si capisce che Gumpoldo era bene informato. Egli stesso ci tiene a farlo sapere e dice espressamente « experti sumus » oppure « honesta quorumdam relatione ». Tale la prima leggenda venceslaviana sorta in Italia. Leggenda anche fortunata perché coronata da altre consorelle. Da essa trasse ispirazione un’altra leggenda venceslaviana che, dal (1) M. Weingart, Prvnt ces\o-c'ir\evnèslovans\à legenda o tvatém Vàclavu in Svatovàelavs\y sborn'i\, Praga, 1934, e in riassunto La 1Ugende de S. Veneeslas, écrite en vieux slave et d’origine tcheque, Praga, 1934, estr. da By-zantinoslavica, VI. 30 —