tera, naturalmente, fu compilata in occasione della missione moscovita mandata nel 1525 dal granduca Basilio III al pontefice Clemente VII (1). Per la stessa occasione fu scritto anche il « Libellus » del Giovio, con il quale la lettera del Campense ha vari punti di contatto, primo fra tutti il fatto che anche il suo autore non è stato in Moscovia, ma ne è stato informato dal padre e dal fratello suo e da mercanti che « appresso i Moscoviti gran tempo hanno vivuto » (2). Del resto la lettera del Campense è preferibile al « Libellus » perché, anche se stesa in uno stile più pesante e se nel suo lungo periodare rispecchia la sintassi germanica, è più intenta all’essenziale ed è più vigile nel controllo delle fonti che, come dichiara l’autore, sono anche scritte (Cosmografie e Istoriografie) per cui a volte assume anche un atteggiamento polemico e corregge parecchi pregiudizi o errori tradizionali. Così il panorama è circa lo stesso, ma già da bel principio si distingue bene la Moscovia dall’odierna Ucraina e si afferma subito che « errano molto coloro che stimano et chiamano i Moscoviti Russi, overo Rutheni, benché osservino i medesimi riti et usino quasi la medesima lingua » (pag. 127). Del pari si deridono coloro che non conoscono le sorgenti dei fiumi russi e li fanno nascere dai « monti Riphei e hiper-borei » che « la Grecia bugiarda (cioè i geografi classici) ne gli ha partoriti, non la natura ». Emerge inoltre la grande considerazione che il Campense ha dei Russi perché quando parla dei « costumi et religione de Moscoviti », osserva subito che essi differiscono poco dai cattolici nei riti religiosi, nelle altre cose « vivono meglio di noi secondo l’evangelo di Cristo » e continua con ammirazione : « Et veramente appresso di loro è grande e abominevole sceleratezza l’ingannarsi l’un l’altro, il commetter gli adulteri e gli stupri... li vidi contra natura sono a essi del tutto incognid; gli spergiuri e le bestemmie non si odono appresso di loro» e via dicendo (pag. 128). Ma lo scopo principale della lettera — e in ciò essa si diffonde di più — è il perorare l’unione della chiesa russa a quella romana e dimostrare « il modo col quale facilmente si possono ridurre i Moscoviti all’unione». (1) P. Pierling, L’italie et la Russie au XV" sièele, Parigi, 1892, p. 119-123. (2) Cito il testo pubblicato dal Ramusio nel 1559 con il titolo: Lettera d’Alberto Campense intorno le cose di Moscovia. Al Beatissimo Padre Clemente VII. 136 —