bacino del Nistro a est — tra « praetoria » e « tabernae », tra « statio-nes » e « mansiones », tra un castello e un tempio — si sia venuti a contatto, diretto o indiretto, con i popoli al di là del « limes » e di questi si siano ritratte le prime impressioni dalla viva voce di esiliati, di prigionieri e schiavi o dal racconto di consoli e magistrati, di tribuni e soldati, che avevano militato nelle « legiones » più esposte o partecipato ai successivi « triumphi ». Taluni ricordano a questo proposito lo sfondo scitico delle Georgiche di Virgilio o i carmi getici e le « Epistolae ex Ponto » di Ovidio, il quale nel lontano esilio « didicit getice sarmatice-que loqui » cioè — secondo coloro che identificano e confondono gli Slavi con i Sarmati — avrebbe imparato a parlare lo slavo. Altri si richiamano alle colonne di Marco Aurelio e di Traiano a Roma e ad Adam-Klissi in Dobrugia, e, nelle effìgi raffiguranti i principali episodi delle guerre marcomanniche e dacie, fra i barbari ricoperti di una lunga tunica intravedono gli Slavi con la loro classica « svita » (1). Ma sono congetture e spigolature che si perdono nella vaghezza e nella foschia dell’indefinito storico, mentre gli Slavi non erano ancora storicamente individuati e il popolo italiano non era ancora sorto dalle rovine fumanti dell’impero romano. In piena luce storica si entra appena quando gli Slavi si stabiliscono nelle regioni che oggi occupano e si assestano nelle loro neoformazioni etniche, linguistiche e statali. Momento decisivo e fatidico per loro — come per tutti i così detti popoli nuovi dell’Europa — la conversione al cristianesimo: conversione, però, che se ha avuto il pregio di riscattarli dalla barbarie ad una grande e universale civiltà, ha aperto fra loro un abisso incolmabile facendoli gravitare verso quei vitali, ma in certo qual senso antitetici centri di irradiazione e di attrazione, che erano Roma e Bisanzio; di qui la loro grande scissione! In questa fase, diciamola, ancora antelucana del loro divenire storico e spirituale, un ruolo emergente ebbe la Chiesa romana, la quale, con Gregorio Magno, dopo avere assodato definitivamente la supremazia del vescovo di Roma sopra tutti i vescovi della cristianità, mirava a diventare nuovamente il centro del mondo, sostituendo il dominio materiale della forza con quello spirituale della fede. Gli Slavi, che già a (1) Cfr. R. Peterson - A. Domaszewski, Die Marcus-Sàule auf der Piazza Colonna, Monaco, 1896; C. Cichorius, Die Reliefe der Trajansàule, Berlino, 1896-1900. 4 —