Quando poi, nella stessa epoca, Cavour trovò opportuno puntare anche sui movimenti rivoluzionari che avrebbero potuto scuotere dall’interno la monarchia asburgica e prese contatti con Kossuth, con Kvaternik ed altri emissari della resistenza antiaustriaca per preparare un’azione armata fra Magiari, Slavi e Romeni contemporaneamente a un attacco diretto dagli Italiani contro l’Austria, ebbe consenzienti naturalmente anche i Polacchi, sia i monarchici con Czartoryski che i democratici con Mieroslawski. Quest’ultimo, che abbiamo già ricordato al comando degli insorti siciliani contro Ferdinando II, e che pure aveva accarezzato l’idea di un duplice attacco contro l’Austria in Italia e sulle coste adriatiche, dopo aver conferito inutilmente con Cavour e con Vittorio Emanuele, concentrò tutte le sue speranze su Garibaldi e gli si presentò a Caprera come generale designato di una costituenda legione straniera che avrebbe dovuto agire sulle coste dalmate e in Croazia. Ma Garibaldi non era al potere, non potè quindi che caldeggiare e raccomandare i piani di Mieroslawski; il governo piemontese trovò invece opportuno rimandare tutto a una situazione internazionale più adatta. Mieroslawski, del resto, per mancanza di tatto ed eccesso di ambizione, aveva imbrogliata la questione e s’era meritate non poche antipatie e le rampogne di Garibaldi. Quando infine scoppiò la famosa rivoluzione polacca del 1863, Garibaldi e garibaldinismo furono di nuovo all’ordine del giorno; e di ciò si farà parola in seguito. Per tanto non si dimentichi che il ricordo della Polonia dolorante e dei suoi figli eroici restò a lungo impresso nella mente e nel cuore del solitario di Caprera, se non altro per l’attaccamento che i Polacchi gli dimostrarono anche nella guerra del ’66 combattendo fra le sue « guide » nel Trentino, a Mentana nel 1867 e nelle armate volontarie in Francia, nel 1870, con quel valoroso Bosak che, morto presso Digione, fu trovato avvolto nella bandiera tolta ai Prussiani e di cui Garibaldi, nelle « Memorie », parla come di un fratello. Fu così che, all’annunzio delle stragi compiute dai Russi a Varsavia nel 1860, Garibaldi scrisse una lettera di fuoco a Herzen invocando la maledizione sugli esecutori e inneggiando agli ufficiali russi, i quali avevano preferito spezzare le sciabole piuttosto che usarle contro il popolo polacco. Fu così che assunse con entusiasmo la presidenza onoraria di un Comitato italiano che doveva aiutare i profughi polacchi e resto in cja J. Garibaldiego - Corrispondenza polacca di Giuseppe Garibaldi, Cracovia, 1932, pag. 85. 370 -