E prima di accingersi alle « Relazioni universali » il Botero aveva pubblicato, nel 1574, anche una raccolta di Detti memorabili di personaggi illustri, che sono desunti dalle più disparate fonti, ma subordinati a criteri di ammaestramenti religiosi. I « detti », che potremmo piuttosto dire « casi », attingono anche alla storia civile ed ecclesiastica di Polonia e di Boemia (1) e ricorrono aS. Adalberto, S. Venceslao, 2iska, Kaspar Slik o Casimiro, Ladislao, Bathory, S. Stanislao Kostka, ecc. per provare come sia facile « il portare l’insegne di un Vescovato » ma sia difficile « il render conto dell’amministrazione della tua chiesa » (S. Venceslao), come sia nobile perdonare anche a chi ti batte (Casimiro), come si debba amare la povertà (Kostka), come si possa converdre chi parla per bocca del demonio (Mielecki), come i regnanti dovrebbero provare la miseria per compatire poi i miseri (Slik), come si combattono gli eretici (Ladislao) e come Ladislao di Polonia, aborrendo l’adulazione, dava « guanciate » a chi lo adulava e così « rendeva la pariglia » (2). Siamo in piena accademia gesuitica e il linguaggio scolastico e sillogistico e la scelta degli argomenti non ci sconcertano anche se forzatamente ci portano fra le ombre del pensiero secentistico. Ci colpiscono invece la considerazione che il Botero ha per il mondo slavo e l’uso che ne fa in mezzo a tante nozioni di imparaticcio cosmopolitismo o di cristiana universalità (3). (1) Un solo caso si riferisce a Giovanni Basilio di Mosca; è un esempio di ipocrisia perché egli di giorno e di notte assiste agli uffici divini e continua ad essere bestiale e crudele..., pag. 314. (2) Gli esempi slavi, secondo l’ordine alfabetico dell’edizione napoletana del 1574, figurano a pagine 478, 215, 318, 385, 75, 112, 314, 377, 381, 269, 19, 437, 212, 317, 184, 110. (3) A titolo di curiosità potrei aggiungere che il Botero ha pubblicato anche una serie di Illustri capitani (Torino, 1607) e vi ha compreso Enrico III di \ alois, re di Francia e di Polonia, ma nelle 20 pagine che a lui sono dedicate, la Polonia è ricordata solo per dire in due righe che egli stette due anni in Polonia e « ingannò destramente i Polacchi ». E la cosa mi sembra tanto più strana in quanto il Botero ha composto e fatto pubblicare nel 1573 a Cracovia un poemetto che inneggia a Enrico III e gli dà occasione di rievocare alcuni episodi di storia polacca, ma che egli ha affettato sempre di non ricordare e quasi di non riconoscere. — 209 14