reges imperare facit... ». E per quanto emerga ovunque la simpatia per l’argomento e con essa la rispettiva buona conoscenza, la Boemia è nominata come « terra quaedam » e di alcuni suoi abitatori si dice che sono « furens Sclavus », usando cioè un linguaggio che solo uno straniero, non slavo, poteva usare. Del resto la simpatia per l’argomento, la tendenza a esaltare la figura del martire cristiano si delineano già ai primi passi e con un incessante crescendo, che ravviva la narrazione, si tramuta alla fine in un inno di fronte alla visione del Santo che si immola per la sua fede. La prosa ormai vibra potentemente e con elementi coloristici e armonici raggiunge il suo effetto. Ascoltatela: « Sic illa sancta anima carcere suo evolat, sic nobile corpus protenta cruce terram occupai, sic quoque multo sanguine vitam fundens, beatis sedibus et semper carissimo tandem perjruitur Christo. O sanctum et beatissimum virum, cuius in vultu angelicus splendor, in corde semper Christus eratl O pium et omni honore dignissimum, qui crucem quam voluntate semper et animo portavit, tunc etiam manibus et toto corpore complexus est ». Così solo, con abile palleggio di figure allegorico-metaforiche e fonetico-etimologiche o retoriche, fra una palilogia che imprime il tono al ritmo e una allitterazione che ne accarezza l’immagine fisica, con una perspicace distribuzione di concetti e di forme, solo così si esprimeva un benedettino che aveva nel sangue tutti gli slanci del retorismo italiano e nella sua foga apologetica dimenticava la sostanza per bearsi nella forma. Questo, però, non gli impedì di curare la informazione storica, attingendo anche a fonti dirette, come è detto nel cap. 15; per ciò nella dipintura dell’ambiente boemo è più esatto e concreto del monaco Lorenzo e porge un quadro della Boemia degno di qualunque cronaca medievale. L’opera sua, così, ai pregi artistici accoppia il valore storico e a essa si può guardare non solo come a un monumento letterario, ma anche come a un documento storico. E il successo non le mancò. Servì anzi tutto a una seconda Vita S. Adalberti che comunemente si attribuisce a S. Brunone, scritta in Germania. Fu considerata la primogenita di tutte quelle « Vitae », « Pas-siones », « Legendae », « Miracula » di S. Adalberto che sorsero in Polonia fra l’XI e il XIII secolo (1). In Italia se ne curarono varie tra- (1) Pubblicate nei volumi I e IV di Monumenta Poloniae historica. — 37