di ambigua neutralità perché ufficialmente era dalla parte del pontefice, mentre la maggioranza dei vescovi parteggiava per il Concilio. A Basilea ricomparve nel 1436 quale scrittore e abbreviatore del Concilio. Di qui l’invio alla Dieta di Francoforte, dove, nel 1442, vi ebbe da Federico III la corona di poeta e l’assunzione a uno dei segretariati di cancelleria negli uffici di corte a Vienna, anzi a Wiener-Neustadt. Il soggiorno viennese gli aprì ancora più gli occhi sul vicino mondo boemo e lo legò d’amicizia col cancelliere slovacco Gaspare Schlick, cioè Slik, che nelle ricordanze del Piccolomini non passerà inosservato. Successivamente maturò in lui quel mutamento profondo che evocò un nuovo senso religioso. Ritornò perciò a Roma, fece ammenda degli errori passati e ne ottenne piena assoluzione e in compenso, fra l’altro, ottenne nel 1447, il vescovato di Trieste, che con una parrocchia concessagli, per aumentare le prebende, nella Stiria meridionale, gli diede occasione di immischiarsi anche nelle faccende della chiesa slovena. Successivamente, come legato papale, fu in Boemia, Moravia e Slesia. Nominato, nel 1458, sommo pontefice — Pio II — continuò la politica che già prima aveva perseguito: riconciliazione della Germania e guerra ai Turchi col concorso, s’intende, anche degli Slavi. E se in un concistoro del 1452 si limitò a perorare la guerra contro gli infedeli e nella dieta di Mantova nel 1459 convocò a tale scopo, presenti anche i Polacchi, i prìncipi cristiani, alla vigilia della morte, nel 1464, organizzò personalmente la tanto implorata crociata e si recò in Ancona per salpare con i crociati alla volta di Costantinopoli; ma in Ancona la morte lo colse mentre le truppe raccogliticce si sbandavano paurosamente e mentre non erano ancora apparse all’orizzonte le sagome delle galere crociate. Al vario e foresto mondo, che gli si proietta attorno, il Piccolo-mini guarda con gli occhi dell’umanista, il quale, evade, sì, dalla « clas-sicitas », ma porta seco il gusto e il pensiero che in essa si tempra. Vi trovi, quindi, quell’ardore del « negotium », che ai più alti ideali o isolamenti umani accoppia le attività pratiche della vita operosa e porta nel vivo tumulto degli eventi. Vi trovi d’altra parte la capacità di rientrare prontamente in se stesso e di riesaminare la vita vissuta all’ombra di un contemplativo « otium » ed esprimerla nelle forme consentanee al proprio abito mentale. Su tutto fa leva il mordente della glorificazione che è autoincensamento, ma è anche riconoscimento spontaneo dei valori altrui. E su tutto aleggia quella tipica universalità rinasci- — 83