Fugaci contatti con il paleoslavo Di studiosi o dilettanti di paleoslavo non ce ne furono, come, del resto, tuttora mancano in Italia, mentre su questa disciplina basilare della filologia slava gli Slavi hanno ormai una letteratura imponente. Troppa erudizione e troppa austerità per chi è portato alla critica e alla storia letteraria o addirittura alla divulgazione e alla traduzione, e rifugge dagli spiriti e dalle forme del pio e cenobitico Medio Evo! Fra tanta penuria una gradita sorpresa ci viene ancora una volta dal Ciampoli. Egli, cioè, essendo stato direttore della Biblioteca Nazionale di San Marco a Venezia, volle illustrare i pochi codici paleoslavi che vi si erano conservati (1). Sono codici, frammenti sacri, glagolitici e cirilliani, dei secoli XV e seguenti e sia per il contenuto, sia per la lingua e la scrittura risultano poco importanti di fronte a tanti altri cimeli paleoslavi. Di essi — per usare le sue parole — il Ciampoli fa la « storia esterna », ma, possiamo aggiungere noi, la fa con molta larghezza, con tutta un’allocuzione sul paleoslavo, dai tempi di Cirillo e Metodio alle sue ultime trasformazioni paleografiche e linguistiche, e con saggi dei testi glagolitici che si stampano nei caratteri originali e si completano nei passi lacunosi. Pare incredibile vedere il Ciampoli tanto minuziosamente edotto di cose paleoslave da poter correggere e completare antiche scritture glagolitiche. Qualcuno probabilmente lo aiutò, non escluso il canonico glagolitico Parcic, che era allora a Roma e di cui egli fa il nome. Ma certo che per tutte quelle fonti che ha citato, una infarinatura di paleoslavologia dovette pur averla. Peccato però che egli sia stato talmente ligio alle sue fonti da non aver saputo trovare le voci italiane per « Khorutani, azbukvar, Pope di Dukla, Zader » (sic), ecc. Così anche quest’opera fa un’impressione peggiore di quanto non meriti. Ma il paleoslavo così acquistava cittadinanza almeno nella bibliografia italiana. Caso consimile: quello di Emilio Teza, orientalista che si occupò anche di filologia slava, come vedremo, in varie occasioni. Egli riferì cioè all’Accademia dei Lincei su un breviario glagolitico del se- particolarmente serbo-croati ed ebbero scarsa diffusione. Di qui il loro posto a piè di pagina nelle nostre note. Cfr. A. Cromia, Italianizzanti all’estero \ Marco Car in Leonardo, I (1925), n. 10. (1) D. Ciampoli, 1 codici paleoslavi della R. Biblioteca Nazionale di San Marco, Roma, 1894. 510 -