un « De bono status religiosi » del gesuita Girolamo Piatti (1), libera fantasia tutto il resto. E si narra il solito episodio sofisticato del re bulgaro « Trebelo », il quale nell’anno 862, per opera di papa Niccolò I, si ridusse alla religione cattolica e, fattosi monaco, lasciò il regno al figlio; ma essendo questi tornato all’eresia, egli uscì dal chiostro, riprese il potere, fece prigioniero il ribelle, l’accecò, diede il regno a un altro figlio e tornò al suo chiostro. Ma altra materia leggendaria, romantica e fantastica vi si sovrappone e crea un poemone in venti canti, in cui il mirabile soffoca l’azione umana e la verità storica e sfocia nella sonorità secentesca dell’ottava. Trasfigurata in regìa di romanzo fantastico è la Bulgaria. Il paesaggio è di convenzione, l’ambiente è di circostanza, i personaggi marionette comuni, lo sfondo storico frutto di fantasia o di adulterazione. Nessuno s’accorge dell’atmosfera gravida di contrasti e di pericoli che sovrasta quel fatidico e drammatico periodo di passaggio dal predominio bulgaro alla sopraffazione slava, da un profondo paganesimo ad un ancora vago cristianesimo. Assenti morfologia e fisonomía indigene. Ne danno l’illusione singole voci toponomastiche che l’autore può avere conosciuto dalle relazioni che dai Balcani si mandavano a Propaganda Fide oppure può avere appreso dalla viva voce di alcuni bulgari che frequentavano Collegi e Seminari romani. Scopo del poema: dare lustro poetico agli ideali e agli istituti religiosi e politici che la Controriforma cullava e curava per allontanare dai Balcani la Mezzaluna e riconquistare fra gli ortodossi le posizioni, che già ai tempi di Fozio aveva perdute. Perciò il poema ci riporta proprio ai tempi di Fozio e celebra la prima vittoria dell’irradiazione cattolica in Bulgaria. Perciò tributa incensi al « Collegio Illirico » di Loreto e vede nella Bulgaria « più saldo albergo alla Romana fede » e si chiude con un affluire di popoli cristiani a Sofia che è in festa di nozze, sì, ma è anche in festa d’armi per la cristianità schierata contro gli Infedeli. E su tutto aleggia la gioia di una « Bulgheria convertita ». L’insuccesso poetico non conta. E’ l’idea religiosa che trionfa. « I fini santificano i mezzi » anche per i poeti della Controriforma (1) Non è escluso che il Bracciolini abbia avuto presente anche il Regno deglj Slavi di Mauro Orbini o qualcuna delle Relazioni o Vite e Storie rinascimentali che abbiamo ricordato nel capitolo precedente e nelle quali si ripete il « caso » di Tribello, ma l’autore stesso confessa nella prefazione al suo poema di essersi valso di un passo — e lo cita — del Piatti e noi gli possiamo credere almeno in parte. 280 —