abate e poeta cesareo, Giovambattista Casti, il quale nelle vicende della sua vita avventurosa venne a contatto anche col mondo slavo e ne ritrasse le impressioni in alcune opere. Da un viaggio a Pietroburgo nel 1778 e soprattutto dall’impressione che gli aveva fatto Caterina II o perché non lo aveva troppo accarezzato o perché egli aveva colto nel segno la sua vanagloria, derivò quel « poema sporco e impertinente contro la donna de l’impero vasto » cioè il Poema Tartaro, in dodici canti in ottava rima, che trasportando l’azione nel Medio Evo e tra i Mongoli d’Asia, deride con molteplici travesti-menti la corte di Caterina e la sua mal celata « barbarie asiatica ». Per avere un’idea dei suoi bizzarri ma storici personaggi, basti pensare che sotto Cattuna, Gengis-Kan, Caslucco, Toto, Turfana, Pier dalle Vigne, Fra Pian-Carpino, ecc. si celano Caterina II, Pietro il Grande, il principe Orlov, il principe Potemkin, la « maitresse » Suvarova, Voltaire c il padre Gian Carlo, nunzio pontifìcio a Pietroburgo, ecc. Del resto il poema più che arguto è ciarliero, e più che artistico ha un valore storico per il fatto che i giudizi suoi sulla figura e l’opera di Caterina II concordano con quelli degli storici, che nell’imperatrice russa vedono vanagloria e leggerezza femminile e vedono l’agitatrice di problemi superiori alle sue forze e non corrispondenti alle condizioni reali della Russia. L’importanza sua sta anche nel fatto che suscitò alla corte russa tanti malumori, da indurre Giuseppe II, protettore del Casti, ad allontanarlo da Vienna. Opera quindi clamorosa e non senza ulteriori risonanze (1), ché da essa Byron derivò l’episodio di Don Giovanni a Pietroburgo. Lo stesso Casti derivò da essa, più precisamente dal canto XI, il dramma burlesco Cublai, gran Kan de’ Tartari, che in due atti, nel 1788, fu rappresentato a Vienna e, benché sia piaciuto molto allo Stendhal, non fu poi pubblicato dall’autore (2). Qui è Memma, non più Cattuna, che adesca il terribile Cublai e lo rende schiavo dei vezzi e dei capricci suoi. Ma la corte russa e la sua sovrana restano oggetto di scherno, e dalla comicità e dalla parodia trapela sempre più l’antipatia per quei regnanti. Una visita a Praga, o un pettegolezzo raccolto da quelle parti o le (1) Pubblicata la prima volta nel 1797 in Italia, ma nota già precedentemente perché, se non altro, il surricordato allontanamento da Vienna avvenne nel 1788. (2) Lo troviamo nelle sue Opere varie di Parigi (Pisa) del 1821, nelle Opere ‘ulte di Lugano del 1850, ecc. — 321 21