delle loro armi ed era fatale che vi rigermogliasse lo spirito liberale, maturato o presentito tra le riforme del secolo XVIII. Il frutto della libertà inebriava le nuove generazioni, le rendeva insofferenti dei gioghi, comportava però rinunce, lotte, nuovo sangue, nuovi sacrifici. A una fervida attesa seguiranno così le fiamme luminose della rivoluzione. A compiere un’opera poderosa che sapeva di utopia, prestò tutta se stessa la letteratura. Non fu più essa un sollazzo né quieto esercizio di forme belle, ma l’arma più pronta e più efficace di tutte per la redenzione politica. Nel raccoglimento dell’attesa, nell’asprezza del dolore e nella ebbrezza dell’entusiasmo la prosa si fece battagliera, la poesia si arroventò e lirici e drammaturghi, storici e romanzieri, tutti gli scrittori di questa nuova generazione alimentarono il culto della patria e delFuomo e libarono all’altare della libertà. Rinnovare l’edificio intellettuale prima di quello politico: ecco la parola d’ordine di Mazzini, che intuì bene quale era l’ufficio de^la letteratura in quella primavera di popoli. Alleato, anzi animatore stesso ne fu il romanticismo che vagheggiava un’arte genuina, spontanea, nazionale, popolare, rivendicando l’indipendenza della fantasia e dello spirito e la liberazione da un vuoto formalismo, che faceva circoscrivere l’arte nelle acque morte dell’imitazione e della vuota abilità stilistica. Il suo momento cruciale nel mondo tenebroso e sentimentale della coscienza, caldeggiava inoltre l’amore della passione violenta, l’affermazione dell’io come principio assoluto, la tendenza al vago, all’indefinito, all’esotico e quella irrequietezza di fronte al senso relativo della storia, che già prima era maturata nell’ombra e che il neoclassicismo e il dispotismo dell’età napoleonica a-vevano temporaneamente assopito ma non spento. D’altra parte la catarsi che l’arte aveva raggiunta solo nella forma e le native scaturigini del gusto e del pensiero italiano reclamavano i loro diritti, e più o meno inavvertitamente inculcarono alla corrente romantica il senso della classicità, essendo, specialmente in Italia, classicismo e romanticismo meno antitetici di quanto si voglia credere, ché l’uno postulava la viva e perfetta rappresentazione del sentimento e l’altro voleva il sentimento vivo e sincero. Altrimenti non capiremmo né Manzoni né, viceversa, Leopardi. Ma quello che più conta nel caso nostro è che il potenziamento dell’io venne inteso come libertà dal dominio straniero e come unità nazionale. Il romanticismo così divenne la voce della Patria anelante alla libertà, alla liberazione dal giogo, ribadito dopo la caduta di Napoleone. Romantico fu sinonimo di patriota, di liberale, di cospiratore, di carbonaro e non pochi furono i romantici, dal Pellico al Berchet, i quali 356 -