venta « dostojevskismo » e dostojevskismo diventa incentivo a coloro che nuovi legami cercano fra l’arte pura e la vita e la società che le pulsano attorno. E che dire della musica slava? Correnti nuove essa certamente non ha tracciato in Italia. Ma che, per esempio, Chopin non abbia tentato qualche musicista italiano ad imitarlo? Anche qui, purtroppo, il campo è inesplorato. A parte tutte le esecuzioni di musica slava che si sono susseguite con successi anche clamorosi nei principali teatri d’Italia, specialmente alla fine di questo periodo (1), non sfugga che Giacomo Orefice ha musicato lo Chopin di Angelo Orvieto su melodie dello stesso Chopin e che più tardi, nel 1919, Alfredo Casella scriverà i suoi Due contrasti per piano in omaggio all’immortale compositore polacco (2). E pare che Leone Sinigaglia abbia arieggiato Dvorak tanto nelle Danze italiane e nelle Danze piemontesi, quanto nella sinfonia goldoniana Le baruffe chiozzotte (3). E fermiamoci qui per non invocare altre congetture e supposizioni. E le belle arti slave, la pittura in particolare ? Qui il cammino è ancora più incerto. Potremmo trovare, sì, nei nostri pittori qualche soggetto slavo, come per esempio il bel quadro di Lionello Balestrieri che rappresenta una serata musicale in casa di Chopin e potremmo anche citare articoli dedicati ad artisti slavi, ma vorremmo piuttosto sapere se tutti i Brjullov, Matejko, Verescagin, Repin, Antokolskij, Trubeckoj, Mestrovic, o W. Brodzki, H. Siemiradzki e A. Madeyski, che sono stati conosciud e apprezzati in Italia (4) o in Italia sono vissuti, e se tutte le esposizioni internazionali, cui hanno partecipato gli Slavi, abbiano eventualmente lasciato tracce o impressioni in qualche artista italiano. Possono comunque essere state poche cose, ché, se si fosse trattato di qualche caso clamoroso, esso non sarebbe passato inosservato (5). (1) I. Trinko, Dopisy z Italie in Slovans\y pfehled, II (1919), p. 433. (2) L. Bronarski, Chopin et VItalie, Losanna, 1947, p. 124. (3) J. Lòwenbach, 1 rapporti musicali italo-cechi, nel voi. mise. La Cecoslovacchia edito dall’istituto per l’Europa Orientale di Roma, 1925. (4) I. Trinko, Vlasi a Slované in Slovans\y Pfehled, ibid. 312. (5) Grande impressione ha fatto il « padiglione serbo » all’Esposizione Romana del 1911 con opere di Ivan Mestrovic, Ljuba Babic, Toma Rosandic e altri, per cui, ancora nel 1916, Teresa Pioli nella Rassegna Nazionale del 1. febbraio lo ricorderà con entusiasmo come « una delle più interessanti e suggestive mostre d’arte»; Il padiglione serbo nell’Esposizione Romana 1911. - 561 36