goslava, ma, in seguito al nuovo patto di Roma, ci fu chi ritenne in vigore e chi superato il patto di Londra, e lo spinoso problema dei confini non ebbe la sua soluzione. Fra tali e tanti maneggi politici, non si realizzarono azioni concrete d’ambo le parti; l’Intesa stornò il corpo di spedizione che Peppino Garibaldi doveva condurre in Dalmazia alle Bocche di Cattaro, e che invece fu mandato in soccorso alla Francia; Croati e Sloveni non si sentirono di disertare in massa dall’esercito austro-ungarico, e l’Italia, a sua volta, non si sentì di armare e organizzare in legioni (come i Cecoslovacchi!) i loro prigionieri per lanciarli contro l’Austria. Conclusione: il trattato di Rapallo, che lasciò insoddisfatti Italiani e Jugoslavi, soluzione più diplomatica che naturale. In Italia stessa del resto, gli spiriti non erano stati concordi di fronte al problema della guerra e delle rivendicazioni nazionali sia slave che italiane. A parte l’iniziale scissione fra interventisti e neutralisti, da prima individualmente e poi collettivamente si accentuarono due tendenze distinte. I nazionalisti, richiamandosi al ruolo delle grandi « potenze » autoritarie e perseguendo un programma di conquiste, posponevano qualsiasi aspirazione slava alle loro ardenti rivendicazioni nazionali. I mazziniani invece, considerando la guerra come lotta dei popoli oppressi contro le usurpazioni e le violenze degli imperi assolutistici, erano disposti anche a sacrifici nazionali per la libertà e la pace dell’Europa e, in particolare, per la liberazione degli Slavi su basi di nazionalità e di autodecisione. Di qui la diversità di tendenza e di tono nelle rispettive manifestazioni politiche e nelle pubblicazioni informative e divulgative dell’epoca. Necessità di conoscere meglio gli Slavi Come ogni grande e grave guerra, anche quella mondiale fu, per le attività puramente intellettuali e scientifiche, se non regresso, certamente stasi e disorientamento. Lo fu per lo meno e sopra tutto da principio, quando la passione patriottica divenne il mordente della vita civile e le prime impressioni di guerra, nelFinfuriare della violenza, sconvolsero menti e cuori e fermarono l’attenzione generale sullo svolgimento dei nuovi e fatali avvenimenti. Ma quando, dopo le facili effusioni del seduta finale, Roma, 1918; cfr. pure il volume 11 patto di Roma, Roma, 1918 con la collaborazione di F. Ruffini, G. Amendola, G. A. Borgese, U. Ojetti, A. Torre. 580 —