del numeroso e « pomposo » seguito italiano che accompagnò nel 1518 la regina Bona Sforza in occasione delle nozze e deH’incoronazione in Polonia: avvenimento, come vedremo in seguito, di grande risonanza. La novella è appunto narrata da un Italiano che in tale occasione fu in Polonia col « famosissimo » principe Prospero Colonna. E’ il « signor Girolamo » che racconta come si ammalò e come per prendere in un’ostia la medicina che il medico suo (pure italiano) gli aveva lasciato, non sapendo né lui né i suoi servitori il « polacco » (« se non qualche paroluccia come pane, vino, carne, biada »), ai Polacchi, che lo ospitavano, spiegò con mimica grottesca e ambigua quanto gli occorreva. Essi però credettero trattarsi di un’ostia sacra e fecero subito venire in gran pompa un sacerdote; e così avrebbero costretto l’ammalato a comunicarsi, se all’ultimo momento non fosse sopraggiunto un Polacco, il quale, avendo soggiornato a lungo a Roma e intendendo bene l’italiano, spiegò alla sbalordita comitiva l’equivoco. Questi sono i « casi impensati » — commenta il Bandello — che avvengono « se l’uomo talora si ritrova tra gli stranieri e non intende la lingua loro ». A noi, naturalmente, interessa di più questo nuovo — diciamolo — incontro italo-polacco in sede letteraria, all’ombra di un avvenimento storico che appunto aveva interessato e cointeressato Italiani e Polacchi. Così alla voce della epistolografia, della diplomazia e della storiografia fa riscontro la voce della novellistica, che nell’armonia di tanti suoni nuovi si apre a note slave. Sono ancora note marginali, ma dietro ad esse non è diffìcile scorgere il segno di più intensi e più razionali interessamenti. Bizzarrie della poesia burlesca e vezzi schiavane se hi a Venezia Dal gusto dei singoli a tendenze più diffuse e addirittura al diletto di massa ci porta la poesia burlesca in una varietà di generi letterari che dalle canzoni e dalle barzellette va ai poemetti eroicomici e alle commedie borghesi. La breccia venne fatta dalla poesia familiare e sociale che serpeggiò sino dai primordi della nostra letteratura e che, favorita dalle particolari circostanze d’ambiente e dalle speciali attitudini dei suoi abitanti, poi si sbizzarì in pieno Cinquecento in Toscana ed a Venezia. Uno dei suoi elementi formadvi o incentivi burleschi, nella bizzarra accozzaglia di riboboli e di ghiribizzi, fu l’imitazione caricaturale di gerghi italiani e addirittura di lingue straniere. Si ricorse perciò anche allo slavo e 150 —